Anno: 2021

Mail diffamatorie sul commercialista: finisce a processo

È iniziato ieri dinanzi al giudice monocratico Iuri De Biasi il processo per diffamazione aggravata che vede imputato un imprenditore.

Ieri si è costituito parte civile, con l’avvocato Fabio Gasparini, un commercialista pordenonese.

La persona offesa è stata nominata commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo di un’azienda agricola. La procura ha contestato all’imprenditore di aver inviato mail a plurimi destinatari (una decina di professionisti coinvolti nella procedura) nelle quali ha accusato il commissario giudiziale di aver sostanzialmente svenduto gli immobili, attribuendogli un presunto svolgimento infedele della sua attività e offendendo in tal modo la sua reputazione. Poiché l’offesa consiste nell’attribuzione di fatti determinati, è stata contestata la relativa aggravante, oltre a quella a mezzo di pubblicità, vista la pluralità dei destinatari dei messaggi. Gli invii di posta elettronica risalgono al 7 e al 9 giugno 2018. Il professionista pordenonese ha specificato, nella costituzione di parte civile, che intende devolvere integralmente in beneficenza l’eventuale importo che gli verrà riconosciuto dal tribunale a titolo di risarcimento del danno.

L’avvocato Gasparini ha evidenziato nella sua memoria che l’imputato ha continuato a inviare comunicazioni ai professionisti delle procedure concorsuali in maniera reiterata e in molti casi denigratoria. Al commercialista in questione, dal 2015 a oggi l’imprenditore ha inviato più di 580 mail. L’ultima risale a poco più di un mese fa. In un allegato l’imputato ha scritto in maiuscolo «contiene querela», indicando il nome del professionista.

Gasparini ha evidenziato come l’imputato non abbia manifestato segni di resipiscenza per la sua condotta. A metà dicembre inizierà un secondo processo, che vede imputato lo stesso imprenditore per l’ipotesi di stalking nei confronti di altri due professionisti pordenonesi, coinvolti in un’altra procedura di concordato (Dal Messaggero Veneto del 19.11.2021)

Minacce e botte: condannato in primo grado, risarciti i vicini di casa

Minacce e botte ai vicini di casa: condannato in primo grado. La coppia, vista la situazione, ha disdetto il contratto d’affitto e si è trasferita da Pramaggiore a Sesto al Reghena. Ecco quanto ha ricostruito la procura di Pordenone nel capo di imputazione. Brandendo un fucile ad aria compressa non denunciato l’imputato ha minacciato il vicino che aveva suonato alla sua porta con una semplice richiesta. Dopodiché ha colpito con una fioriera in metallo l’uomo al fianco sinistro e al capo e con un pugno la moglie intervenuta in soccorso del marito (10 e 20 i rispettivi giorni di prognosi).

Il pm Federico Facchin, titolare dell’indagine, ha contestato all’imputato anche la detenzione illegale della carabina ad aria compressa modificata: poiché è risultata avere una capacità offensiva superiore a 7,5 joule, è stata considerata alla stregua di un arma comune da sparo, che necessitava dunque di licenza e denuncia.

M. C. è stato condannato ieri dal giudice monocratico Eugenio Pergola a un anno e otto mesi di reclusione e al risarcimento delle parti civili, gli ex vicini di casa, costituiti con l’avvocato Fabio Gasparini. Il risarcimento dovrà essere quantificato in sede civile. Nel frattempo il giudice Pergola ha accordato una provvisionale immediatamente esecutiva di 5 mila euro complessivi. Il giudice ha inoltre disposto la trasmissione degli atti in procura affinché il pm Federico Facchin valuti la posizione dell’imputato e di sua moglie alla luce delle testimonianze rese al processo (Dal Messaggero Veneto del 19.11.2021)

Avvelenato dalle erbe raccolte nel bosco, scagionato il medico

Né il medico di famiglia né i professionisti che lo hanno preso in cura successivamente avrebbero potuto far nulla per cambiare il destino di V. P., 62enne di Travesio, morto in seguito all’ingestione di colchicina.

La sostanza velenosa era contenuta in una pianta erroneamente scambiata per aglio orsino e usata come condimento per la pasta.

La consulenza tecnica chiesta dalla Procura evidenzia come il processo che ha portato alla morte del 62enne non fosse più modificabile nel momento in cui l’uomo si è rivolto al medico di famiglia, il mattino successivo al pranzo fatale.

Da qui la richiesta da parte della Procura di archiviazione dell’indagine nei confronti del medico R. P., difeso dall’avvocato Fabio Gasparini.

Era proprio al medico che V. P., appassionato escursionista e raccoglitore di erbe spontanee, si era rivolto dopo aver accusato i sintomi dell’avvelenamento.

Erano le 9 del mattino del 30 marzo ma il pasto contenente colchicina era avvenuto il giorno prima a pranzo. La consulenza dell’anatomopatologo Giovanni Del Ben, chiesta dalla Procura di Pordenone per fare chiarezza su eventuali responsabilità del medico di base, chiarisce che l’esito autonomo del decesso non era più modificabile.

Non alle 9 del giorno successivo all’ingestione del veleno, e cioè nel momento in cui R. P. viene avvisato, e tanto meno successivamente, quando V. P. viene ricoverato in ospedale.

La causa del decesso, avvelenamento acuto da colchicina, è stata evidente fin dalle prime ore dopo la tragedia. Ma per vagliare eventuali profili di responsabilità ci sono voluti quattro mesi, a partire dalla ricostruzione dei carabinieri di Meduno.

V. P. è stato ricoverato in ospedale il 1° aprile. Il 29 marzo ha raccolto le erbe spontanee durante una passeggiata. Era convinto di aver preparato un pesto a base di aglio orsino. Ci ha condito la pasta. La compagna l’ha solo assaggiata, poi il sapore amaro l’ha fatta desistere. V. P., invece, ha finito il piatto.

Entrambi si sono sentiti male, ma la donna l’indomani si è ripresa. Il 62enne, invece, è peggiorato. Nella mattinata del 30 marzo la coppia ha chiamato il medico. V.P. ha riferito di essersi sentito male dopo il pranzo del lunedì, che comprendeva un pesto con l’aglio orsino.

In base a questi elementi, il dottore non poteva immaginare che nel condimento ci fosse il colchico. E a quel punto l’avvelenamento era già irreversibile. (dal Messaggero Veneto del 03.08.2021)