Anno: 2021

Da Palermo a Pordenone il processo con persona offesa il Presidente della Repubblica

Scrissero frasi pesantissime su Facebook contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lasciandosi andare a commenti irripetibili. Ora sulla carta rischiano, in caso di condanna, pene non indifferenti. Uno di loro ebbe addirittura l’ardire di digitare sulla tastiera: «La mafia ha ucciso il Mattarella sbagliato». Parole che fecero drizzare le antenne alla direzione distrettuale antimafia di Palermo, che avocò a sé l’indagine. Si temeva che in quel gruppo Facebook “Sergio Mattarella non è il mio presidente” si annidasse un’organizzazione. Timore poi fugato dagli accertamenti: i nove autori delle frasi incriminate non avevano alcuna relazione fra di loro. Per un solo commento pubblicato sotto a un post è finito nei guai anche un pensionato residente a Fossalta di Portogruaro, difeso dall’avvocato Fabio Gasparini del foro di Pordenone, ha scritto online un insulto e: «Pagherai molto caro questo golpe». Era la fine di maggio del 2018. Il dibattito politico in Italia si era fatto incandescente. Mattarella era stato bersagliato di insulti e minacce dopo aver posto il veto su Paolo Savona al ministero dell’Economia. Il procedimento penale, aperto per le ipotesi di attentato alla libertà del presidente, offesa al suo onore e prestigio e per istigazione a delinquere, è approdato martedì in udienza preliminare a Palermo. I tre reati sono contestati ai nove indagati. Per dare un’idea della gravità delle ipotesi d’accusa, per chiunque attenti alla libertà del presidente la pena, in caso di condanna, è la reclusione dai 5 ai 15 anni. Due indagati hanno scelto il rito abbreviato, una posizione è stata stralciata per un difetto di notifica. Per gli altri sei il gup Giuliano Castiglia ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale, sollevata dallo stesso avvocato Fabio Gasparini e dagli altri difensori. Il caso passa dunque alla procura di Pordenone. Il processo si terrà in riva al Noncello, in caso di abbreviato, o in Corte d’assise a Udine, in caso di dibattimento. «Valuteremo cosa fare – ha concluso l’avvocato Fabio Gasparini -. L’imputato ha reso interrogatorio, si è pentito di quella frase e ha chiesto scusa. Ritengo che non sussistano i reati contestati, quella frase su internet non era idonea ad attentare alla libertà del presidente né a istigare a delinquere». Dal Messaggero Veneto del 01.07.2021

Nessuna estorsione. Prosciolti dalle accuse

Nessuna estorsione. La riqualificazione delle accuse in truffa e minaccia, sommata al passare del tempo e quindi alla prescrizione, ha portato N. e R. al proscioglimento da tutte le accuse. Che inizialmente erano pesanti: erano stati rinviati a giudizio per estorsione e, nel caso di N., violenza privata per evitare di pagare il lavoro di alcuni artigiani tra Azzano Decimo, Tiezzo e Chions. Difesi rispettivamente dall’avvocato Bruno Malattia e dall’avvocato Fabio Gasparini, N. e R. hanno visto le loro accuse ridimensionate in truffa e minaccia. In alcuni casi è intervenuta la prescrizione, in altri la mancanza di querela o l’assoluzione. Dal Messaggero Veneto del 26.05.2021

Erba killer, indagato il medico del 62enne morto avvelenato

La Procura di Pordenone ha disposto l’autopsia sulla salma di V. P., morto a 62 anni per avvelenamento, dopo aver ingerito delle sostanze tossiche emesse da un’erba aromatica che egli stesso aveva trovato nei prati attorno a casa e trasformato in un pesto. La decisione è stata assunta dopo aver ricevuto i verbali dei carabinieri di Meduno, che hanno ricostruito nel dettaglio quanto accaduto da quel pomeriggio di lunedì 29 marzo, quando la vittima era uscita in passeggiata per raccogliere dell’aglio orsino.

MEDICO INDAGATO

Il magistrato intende fare la massima chiarezza sulla vicenda ma – si è appreso da fonti investigative – non ci sono sospetti che qualcuno possa aver avuto un ruolo attivo rispetto alla tragica fatalità dell’assunzione dell’erba killer. Gli esami necroscopici mirano ad accertare l’esatta causa del decesso dell’uomo e vogliono dissipare qualsiasi dubbio anche sulla coerenza delle cure che ha ricevuto.

In questo senso va registrata un’importante novità nell’inchiesta: il medico di medicina generale non sarà sentito come persona informata sui fatti, perché il sostituto procuratore Carmelo Barbaro ha deciso di vagliare diversamente la sua posizione: è indagato per omicidio colposo. Si tratta di un atto dovuto, a tutela delle garanzie difensive, che consentirà di nominare un perito che partecipi all’autopsia, in programma per lunedì.

IL MEDICO E’ STATO CONTATTATO SOLO ALL’INDOMANI DEL PRANZO LETALE

La colchicina, contenuta nel colchico d’autunno o falso zafferano, è un veleno letale, per il quale non esiste antidoto. Ne bastano 5 grammi. L’unico modo per evitare la morte è sottoporsi a una lavanda gastrica entro poche ore dall’ingestione. I carabinieri della stazione di Meduno hanno appurato che V.P., 62 anni, di Travesio, ha mangiato con la compagna M. la pasta condita con il sugo di erbe spontanee, fra le quali c’era anche il colchico, lunedì 29 marzo a pranzo. La donna ha solo assaggiato il piatto, era amaro, V., invece, lo ha finito. La coppia ha avvertito un senso di malessere, ma ha pensato agli strascichi del Covid-19. Solo l’indomani in tarda mattinata, martedì 30 marzo, è stato avvisato il medico curante R.P. Hanno spiegato di aver mangiato la pasta con pesto di aglio orsino. La donna stava già meglio, V. no. Era già troppo tardi, vista la letalità del veleno?

Lo stabilirà lunedì l’autopsia, disposta dal pm Carmelo Barbaro, che sonda le ipotesi di omicidio colposo o responsabilità da colpa medica. P. ha ricevuto l’avviso di garanzia, un mero atto dovuto per consentirgli di nominare un proprio consulente: ha scelto il medico legale Lucio Bomben. Il consulente del pm Giovanni Del Ben, dovrà stabilire se, sulla base dei sintomi dichiarati, avrebbero dovuto essere disposti accertamenti clinici con tempistiche diverse. Dalle indagini difensive è emerso che la coppia non aveva idea che si trattasse del colchico: nessun accenno all’erba nella telefonata al medico, che ha prescritto dei farmaci per le intossicazioni. Si sono risentiti l’indomani e di nuovo giovedì. In serata P. era atteso dal medico, ma è peggiorato ed è stato portato in ospedale, dove è deceduto il 5 aprile. Il centro di Pavia ha decretato: avvelenamento acuto da colchicina. In Italia si contano appena 8-10 casi l’anno.

«Purtroppo è stata una grande tragedia – ha detto l’avvocato Fabio Gasparini, che difende P., professionista molto stimato –. Umanamente il dottore è molto provato dal dispiacere per la scomparsa del paziente. Dal punto di vista giuridico riteniamo che abbia operato con la consueta professionalità e disponibilità, si è messo al servizio dei pazienti e ha mantenuto con loro un costante contatto telefonico. Ha operato nel miglior modo possibile con i pochi dati in suo possesso. Nemmeno i pazienti sapevano di aver ingerito il colchico. Siamo fiduciosi che già nel corso dell’autopsia possa emergere la sua totale estraneità a qualsiasi profilo di responsabilità»

Dal Gazzettino e Messaggero Veneto del 12.04.2021