Mese: Marzo 2017

Milano, manager pordenonese assistito dall’avvocato Fabio Gasparini contro Maurizio Belpietro per il titolo di ‘Libero’ dopo il Bataclan

Si è aggiunta anche la contestazione di diffamazione aggravata dal mezzo della stampa a quella di vilipendio nel procedimento penale che vede imputato, a Milano, Maurizio Belpietro, direttore responsabile del quotidiano Libero. Sotto accusa il titolo a sei colonne all’indomani della strage di Parigi: “Bastardi islamici”. Più di una querela fu presentata alla magistratura nei confronti di Belpietro. Una di queste porta la firma di M. A. S., manager di 45 anni, esponente del coordinamento territoriale del Pd di Pordenone. La Procura di Milano contesta a Belpietro di aver offeso pubblicamente la confessione religiosa islamica, «mediante il vilipendio di coloro che la professano». Con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità di discriminazione e di odio religioso». Ieri mattina Abbas Sufi ha presentato, con l’avvocato Fabio Gasparini di Pordenone, la costituzione di parte civile. Il giudice si è riservato di esprimersi sulle richieste (Dal Messaggero Veneto del 14.03.2017).

 

Un donna velata, “cittadina italiana”, il Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano e Monza, rappresentanti della comunità islamica di Bologna e altri musulmani, anche come singoli cittadini, si sono presentati in aula a Milano o hanno dato mandato ai loro legali per costituirsi come parti civili nel processo a carico di Maurizio Belpietro, imputato per “offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”, aggravate dalla finalità di odio razziale, per il titolo di Libero del 13 novembre 2015, dopo la strage dal teatro Bataclan di Parigi, “Bastardi islamici”.

“Il titolo ci offende e ci disgusta e incita all’odio religioso”, ha spiegato Omar Jibril, presidente del Caim, al termine dell’udienza rinviata al prossimo 15 maggio per la discussione delle parti sull’ammissione o meno delle parti civili, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Andrea Cattaneo e Domenico Tambasco. Belpietro ora è direttore del quotidiano La Verità.

Belpietro, stando all’imputazione formulata dal pm Piero Basilone, è imputato per aver offeso “pubblicamente la religione islamica” con quel titolo e al direttore viene contestato anche un articolo della legge Mancino, ossia l’aggravante di aver agito con finalità di odio razziale. Il procedimento è nato in seguito alle querele depositate in procura a Milano da una decina di musulmani. Solo alcuni di loro, però, hanno chiesto di entrare nel processo come parti civili, mentre le istanze sono state presentate da altri musulmani, anche come singoli, oltre che dal Caim, che rappresenta 25 associazioni tra Milano e la Brianza, e dalla comunità islamica di Bologna.

“Qualora dovessimo ottenere una risarcimento – ha spiegato il presidente del Caim – destineremo quei fondi per promuovere iniziative volte al dialogo interreligioso e contro l’islamofobia”. La difesa di Belpietro, con il legale Valentina Ramella, ha chiesto un termine al giudice Anna Calabi della Settima sezione penale per valutare le richieste di costituzione delle parti civili. E’ stata fissata, dunque, un’udienza per il 15 maggio prossimo per discutere sul punto e poi il giudice deciderà sull’ammissione o meno delle parti civili (Da Repubblica.it del 13.03.2017).

 

Traffico internazionale di stupefacenti: presi con un carico di 30 Kg di marijuana. I due sono difesi dall’avvocato Fabio Gasparini.

Per N. B., 43 anni e C. V., 24 anni, è stato il primo viaggio dalla Romania all’Italia. Con un carico di 29,446 chilogrammi di marijuana stipati in un trolley e in vari cartoni nel bagagliaio e dietro al sedile dell’auto a noleggio. Speravano di guadagnare qualcosa con quel trasporto, commissionato loro in madrepatria. Hanno ottenuto un soggiorno in carcere al castello di Pordenone e l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti. A quel giro di droga, però, si dichiarano estranei. Sapevano solo di dover portare il carico fino a un’area di sosta lungo l’autostrada, in Friuli Venezia Giulia. Lì qualcuno sarebbe venuta a prenderla. Sul tragitto, però, hanno incrociato una pattuglia della Polstrada di Pordenone, all’altezza di Porcia, sulla A28. L’automobile, con targa romena, stava procedendo a velocità molto elevata in direzione Portogruaro. Inizialmente doveva essere un controllo di routine anche se già la velocità alla quale stava sfrecciando il veicolo dei due romeni autorizzava gli agenti a insospettirsi. Il nervosismo del conducente alla semplice richiesta di esibire patente e libretto ha fatto drizzare ulteriormente le antenne agli agenti. Con un’occhiata hanno notato gli scatoloni nel bagagliaio. E hanno scoperto la provvista di droga, confezionata in sacchetti di cellophan. Uno dei quantitativi più ingenti mai sequestrati in provincia di Pordenone negli ultimi tempi. Il ritrovamento ha fatto subito scattare le manette ai polsi dei due cittadini romeni. Le indagini, coordinate dal procuratore facente funzioni Federico Facchin, proseguono per accertare chi abbia fornito il carico di droga in Romania e a chi, invece, fosse destinato. Con un simile quantitativo di droga, rischiano una pena altissima: si parte dai 6 anni per arrivare fino ai 20 anni. Stamattina, dinanzi al giudice per le indagini preliminari Alberto Rossi, si terrà l’udienza di convalida dell’arresto. I due cittadini romeni sono difesi dall’avvocato Fabio Gasparini. A loro spetterà la scelta: il silenzio, oppure la collaborazione con gli inquirenti (dal Messaggero Veneto del 01.03.2017)