Sosta con le 4 frecce all’hotel per prelevare il Giudice di Forum: multa annullata all’avvocato

Multata per pochi minuti di sosta con le quattro frecce davanti all’Hotel Moderno, dove era andata a prelevare il giudice di Forum Melita Cavallo, relatrice a un convegno dell’Aiaf, perché aveva difficoltà a scendere le scale, l’avvocato Maria Antonia Pili ha deciso, «per una questione di principio», di impugnare la sanzione e tre anni dopo si è vista dare ragione dal giudice di pace Raffaella Garofalo. Il principio sancito dalla sentenza è che la violazione avrebbe dovuto essere contestata immediatamente dal vigile urbano all’avvocatessa, consentendole di esercitare il diritto alla difesa. Sarebbe bastato, all’agente, entrare nella hall dell’albergo per rintracciarla. E avrebbe scoperto perché erano state azionate le quattro frecce. Invece il vigile ha lasciato sul parabrezza una multa per sosta vietata su isola zebrata spartitraffico, sanzionandola pure per l’ uso improprio delle segnalazioni luminose di pericolo, e si è allontanato. Il verbale è del 24 febbraio 2019. Era una domenica mattina. Melita Cavallo, ospite dell’hotel, doveva prendere il treno per Roma dopo aver partecipato al convegno organizzato da Pili, all’epoca presidente dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e i minori (Aiaf). Il giudice di Forum ha chiesto a Pili di accompagnarla direttamente alla stazione di Mestre, anziché a Pordenone, per un problema al ginocchio. Il legale ha parcheggiato l’auto, inserendo i quattro lampeggianti, davanti all’uscita dell’hotel in viale Martelli, senza intralciare il transito di veicoli e pedoni. Pili è entrata per pochi istanti nella hall, per accompagnare all’auto l’ospite, dopo il pagamento della stanza. Del foglietto sul parabrezza si è accorta solo l’indomani. Subito ha inviato un ricorso in autotutela ai vigili urbani. In risposta le hanno notificato la multa. Allora si è rivolta alla Prefettura, che ha rigettato il ricorso. Il 13 novembre 2019 è arrivata l’ordinanza-ingiunzione che le intimava di pagare 177,50 euro, fra multa e spese di notifica.

 Assistita dall’avvocato Fabio Gasparini, Pili si è opposta, portando il caso dinanzi al giudice di pace. Il Comune di Pordenone si è costituito, asserendo che la sosta non era giustificata dallo stato di necessità e che la sanzione era legittima.

Il giudice Garofalo ha accolto l’obiezione sollevata da Pili: il codice della strada prescrive di contestare subito al trasgressore l’infrazione, «quando è possibile». L’impossibilità va accertata. E in questo caso, trovare il conducente dell’auto in sosta era intuitivo: bastava cercare in hotel. Nel verbale l’agente ha specificato di aver atteso qualche minuto per verificare che non si trattasse di una fermata momentanea. Garofalo ha ribattuto che la brevità della sosta è confermata dalla stessa Cavallo e dagli atti, ovvero l’orario indicato sulla multa dall’agente (11.31) e quello del pagamento della camera (11.34). Se l’agente avesse parlato con Pili, lei avrebbe potuto chiarire la situazione, «prospettando le sue motivazioni di necessità e di urgenza». Il senso della contestazione immediata è proprio risolvere sul nascere la controversia senza aggravi per lo Stato. «Il cittadino dovrebbe essere accolto dall’amministrazione – osserva l’avvocato Pili –. Non è ammissibile arrivare fino al giudice di pace per ottenere giustizia. Ho potuto farlo perché sono un avvocato, ma mi metto nei panni di un cittadino: si sarebbe rassegnato, al mio posto, a pagare la multa». «L’avvocato Pili – conclude Melita Cavallo – ha condotto con determinazione una battaglia di principio del tutto condivisibile perché lo Stato e l’amministrazione devono comprendere che non siamo sudditi, ma cittadini titolari di diritti e destinatari del massimo rispetto in ogni situazione e circostanza, specialmente da parte di pubblici ufficiali i cui stipendi sono pagati da noi contribuenti». (Dal messaggero Veneto del 05.03.2022).

Muore cadendo dal cantiere dell’Hotel: 2 ditte a processo

L.B. aveva 59 anni quando precipitò dall’impalcatura dell’Hotel Palace di Bibione. Era il 23 aprile 2018. A distanza di quattro anni, la vicenda processuale è approdata in udienza preliminare, dove ieri sono state definite le prime posizioni. Per due dei cinque imputati di cooperazione in omicidio colposo il Gup Giorgio Cozzarini ha dichiarato il non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste. Per loro che avevano realizzato i ponteggi secondo quanto indicato dai committenti, non sono state ravvisate responsabilità. Definirà la sua posizione con un patteggiamento l’amministratore unico della della ditta appaltatrice dei lavori di ripristino delle facciate e di tinteggiatura delle stesse. Con un rito abbreviato sarà valutata l’imputazione del socio della società subappaltatrice. Con rito abbreviato condizionato all’audizione di consulenti saranno invece processati il presidente della società committente dei lavori all’Hotel Palace e la stessa società chiamata a rispondere come ente per la violazione della normativa infortunistica. Rinvio a giudizio per altre due società.

La parte civile, rappresentata dall’avvocato Fabio Gasparini ha revocato la costituzione di parte civile nei confronti dei committenti in quanto entrambi hanno risarcito i familiari della vittima.

Quel giorno B., artigiano di esperienza, era salito al terzo piano. Il cantiere che era già in fase avanzata per gli intonaci. Precipitò da un’altezza di una decina di metri, dal lato in cui ponteggi, secondo la ricostruzione della Procura, non erano sufficienti a garantire l’incolumità degli operai (Dal Gazzettino del 17.03.2022).

25 novembre: Giornata contro la violenza sulle donne

Morte Nadia Orlando: uccise la fidanzata, poi il tragico epilogo. Tra i numerosissimi articoli che hanno trattato la vicenda, quello di inews24.it ripercorre in modo completo, seppur sintetico, questa tristissima vicenda umana e professionale.

Francesco Mazzega, responsabile della morte della sua fidanzata Nadia Orlando, ha chiuso la storia nel modo più tragico possibile

Una storia davvero terrificante, quella della morte di Nadia Orlando, una storia che si è conclusa nel modo più tragico possibile. Francesco Mazzega, l’uomo condannato a 30 anni di reclusione per aver ucciso la sua fidanzata Nadia, è stato trovato morto ieri sera nella sua abitazione, dove era stato confinato agli arresti domiciliari. Mazzega è stato trovato in giardino, vittima di un gesto sconsiderato, dopo che era arrivata la sentenza definitiva sul caso che lo riguardava. Siamo in Friuli. A Muzzana del Turgnano, in provincia di Udine, si consumò il delitto che ha rovinato la vita dell’uomo e ha stroncato a soli 21 anni quella di una povera ragazza, due anni fa. Francesco Mazzega si è suicidato nel giardino di casa, consumato dal senso di colpa sbandierato più volte per quel momento di tragica follia.

Il caso di Nadia Orlando e l’ammissione di colpa di Francesco Mazzega

La sentenza della Corte d’assise di Appello di Trieste aveva  confermato la condanna a 30 anni inflitta in primo grado a Francesco Mazzega, per l’omicidio della fidanzata Nadia Orlando. La ragazza, 21 anni, fu uccisa per soffocamento a Vidulis di Dignano la sera del 31 luglio 2017, vicino casa.

Fin dal primo momento fu addebitata al suo fidanzato la responsabilità della sua morte, e infatti fin dal 26 settembre 2017 Mazzega era agli arresti domiciliari in casa dei genitori, dove è stato trovato morto suicida. E non ha mai negato le sue responsabilità, assumendosele tutte: “Non merito perdono. Ho paura anche a chiederlo, vista la gravità del mio gesto. Non mi capacito di ciò che ho fatto e non so come possa essere accaduto”. Così aveva spiegato l’uomo poco prima che la Corte d’Assise si ritirasse in camera di consiglio per decidere della sentenza di condanna pronunciata in primo grado.

E alla fine è arrivato il gesto estremo, il suicidio per espiare la pena e il senso di colpa. Un gesto che non restituirà Nadia Orlando alla sua famiglia e che aggiunge ulteriore dolore ad una storia già terribilmente drammatica.