Anno: 2017

Scatola nera installata sull’auto in tilt, ristoratore pordenonese vince causa contro l’assicurazione

Ristoratore pordenonese fa causa all’assicurazione che non lo risarcisce dopo l’incidente perché la scatola nera con Gps installata sull’auto non registra l’impatto con un secondo veicolo e anzi rileva, per errore, una velocità superiore al limite. E la vince.
Sono le 2 di notte dell’8 gennaio del 2014 quando la Volkswagen Golf del ristoratore viene urtata da una Fiat Punto che non rispetta lo stop e finisce nel fosso dopo l’impatto. Nella constatazione amichevole lo stesso conducente della Fiat Punto ammette la responsabilità. Ma alla richiesta risarcitoria inviata dal ristoratore alla sua compagnia assicurativa, la Unipolsai, non segue alcun riscontro. Dai dati del dispositivo Unibox installato sulla vettura, una sorta di scatola nera dotata di Gps che rileva velocità e localizza la posizione dell’auto, emerge un quadro diverso: l’urto fra i due veicoli non risulta. L’avvocato Fabio Gasparini, che assiste il ristoratore, obietta che le condizioni meteo avverse e in particolare la fitta nebbia potrebbero aver mandato in tilt il sistema. Per uscire dall’impasse, il ristoratore decide di fare causa alla Unipolsai per ottenere il risarcimento del danno. La tesi difensiva viene confermata dal consulente tecnico Pierluigi Zamuner, il quale confuta le risultanze della scatola nera, sottolineando che l’urto fra i due mezzi c’è stato e che l’accelerometro non l’ha registrato perché si è trattato di una collisione di striscio. Quanto alla velocità, secondo l’ingegner Zamuner la Golf procede a meno di 50 chilometri orari e non ai 104 rilevati dalla scatola nera. Come mai un tale divario? La velocità rilevata è legata alla qualità del segnale Gps, in caso di errata localizzazione dell’auto, viene calcolata in modo sbagliato. Il giudice di pace Alessio D’Andrea ha pertanto condannato Unipolsai a pagare i danni dell’auto al ristoratore per un totale di 5.100 euro, oltre agli interessi. (Dal Messaggero Veneto del 05.05.2017)

Società recupera 660 mila euro dalle banche grazie a un’azione giudiziaria assistita dall’avvocato Fabio Gasparini

Grazie a un’azione giudiziaria la curatela fallimentare della ditta Euromembrane spa di San Vito al Tagliamento, assistita dall’avvocato Fabio Gasparini, è riuscita a recuperare da sei istituti di credito 660 mila euro per la revoca delle rimesse eseguite fra il 10 ottobre del 2012 e il 9 agosto del 2013, data della dichiarazione di fallimento. La società aveva intrattenuto rapporti di conto corrente con sette istituti: Banca Popolare di Vicenza, Bcc Pordenonese, Banca nazionale del lavoro, Friuladria, Cari Fvg, Monte dei Paschi di Siena e Veneto Banca. Resta da definire ancora la settima posizione, quella che riguarda il procedimento contro Veneto Banca: la richiesta di pagamento ammonta a 120 mila euro. La sentenza è attesa entro l’anno. Che cosa è successo? Il 10 aprile del 2013 la spa con sede in via Pescopagano a San Vito ha depositato al tribunale di Pordenone e al registro delle imprese il ricorso per l’ammissione al concordato preventivo. Il presidente del Tribunale, ritenuti sussistenti i presupposti, ha assegnato alla società un termine per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione prevista dalla legge fallimentare. Non sono però state ricevute proposte di acquisto né dell’intero complesso aziendale né di singole attrezzature e così non è stato possibile formulare una proposta ai creditori. Così la società ha depositato l’8 agosto l’istanza di autofallimento e l’indomani è stata dichiarata fallita. Nei sei mesi precedenti alla pubblicazione del ricorso al concordato preventivo nel registro delle imprese, però, sui conti correnti intestati a Euromembrane nelle sette banche (con le quali la società aveva un’esposizione debitoria) sono stati effettuati numerosi accrediti di somme di denaro. Prima il curatore fallimentare della società Bernardo Colussi, poi l’avvocato Fabio Gasparini per conto della curatela, hanno pertanto chiesto alle banche la restituzione delle somme dovute, ma senza esito. La curatela ha quindi autorizzato l’avvocato Gasparini a fare causa agli istituti di credito per la restituzione degli importi trattenuti su conti correnti ai sensi dell’articolo 70 della legge fallimentare. Le somme, dopo il fallimento, avrebbero dovuto essere restituite alla curatela – la tesi dell’avvocato Gasparini fondata sulla normativa in materia fallimentare – e non trattenute per ripianare i debiti della società nei confronti della stessa banca, onde scongiurare una violazione della par condicio fra i creditori dell’azienda fallita. Sei delle sette cause sono state definite con un accordo stragiudiziale che ha consentito di recuperare i 660 mila euro. Tali somme sono state poi redistribuite fra i creditori (e quota parte è stata data anche alle banche come previsto dalla legge). L’ingente importo recuperato dagli istituti di credito ha garantito alla curatela fallimentare della ditta Euromembrane spa una cospicua somma, che ha consentito di pagare tutti i creditori privilegiati e i lavoratori. (Dal Messaggero Veneto del 15.04.2017)

Milano, manager pordenonese assistito dall’avvocato Fabio Gasparini contro Maurizio Belpietro per il titolo di ‘Libero’ dopo il Bataclan

Si è aggiunta anche la contestazione di diffamazione aggravata dal mezzo della stampa a quella di vilipendio nel procedimento penale che vede imputato, a Milano, Maurizio Belpietro, direttore responsabile del quotidiano Libero. Sotto accusa il titolo a sei colonne all’indomani della strage di Parigi: “Bastardi islamici”. Più di una querela fu presentata alla magistratura nei confronti di Belpietro. Una di queste porta la firma di M. A. S., manager di 45 anni, esponente del coordinamento territoriale del Pd di Pordenone. La Procura di Milano contesta a Belpietro di aver offeso pubblicamente la confessione religiosa islamica, «mediante il vilipendio di coloro che la professano». Con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità di discriminazione e di odio religioso». Ieri mattina Abbas Sufi ha presentato, con l’avvocato Fabio Gasparini di Pordenone, la costituzione di parte civile. Il giudice si è riservato di esprimersi sulle richieste (Dal Messaggero Veneto del 14.03.2017).

 

Un donna velata, “cittadina italiana”, il Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano e Monza, rappresentanti della comunità islamica di Bologna e altri musulmani, anche come singoli cittadini, si sono presentati in aula a Milano o hanno dato mandato ai loro legali per costituirsi come parti civili nel processo a carico di Maurizio Belpietro, imputato per “offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”, aggravate dalla finalità di odio razziale, per il titolo di Libero del 13 novembre 2015, dopo la strage dal teatro Bataclan di Parigi, “Bastardi islamici”.

“Il titolo ci offende e ci disgusta e incita all’odio religioso”, ha spiegato Omar Jibril, presidente del Caim, al termine dell’udienza rinviata al prossimo 15 maggio per la discussione delle parti sull’ammissione o meno delle parti civili, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Andrea Cattaneo e Domenico Tambasco. Belpietro ora è direttore del quotidiano La Verità.

Belpietro, stando all’imputazione formulata dal pm Piero Basilone, è imputato per aver offeso “pubblicamente la religione islamica” con quel titolo e al direttore viene contestato anche un articolo della legge Mancino, ossia l’aggravante di aver agito con finalità di odio razziale. Il procedimento è nato in seguito alle querele depositate in procura a Milano da una decina di musulmani. Solo alcuni di loro, però, hanno chiesto di entrare nel processo come parti civili, mentre le istanze sono state presentate da altri musulmani, anche come singoli, oltre che dal Caim, che rappresenta 25 associazioni tra Milano e la Brianza, e dalla comunità islamica di Bologna.

“Qualora dovessimo ottenere una risarcimento – ha spiegato il presidente del Caim – destineremo quei fondi per promuovere iniziative volte al dialogo interreligioso e contro l’islamofobia”. La difesa di Belpietro, con il legale Valentina Ramella, ha chiesto un termine al giudice Anna Calabi della Settima sezione penale per valutare le richieste di costituzione delle parti civili. E’ stata fissata, dunque, un’udienza per il 15 maggio prossimo per discutere sul punto e poi il giudice deciderà sull’ammissione o meno delle parti civili (Da Repubblica.it del 13.03.2017).