Anno: 2016

Michela uccisa dal primo colpo alle spalle

Nessun soccorso, anche il più tempestivo, magari da parte dei genitori o di un vicino di casa, avrebbe potuto salvare la vita a Michela Baldo, la ventinovenne di Spilimbergo uccisa martedì sera dall’ex fidanzato Manuel Venier. Il primo colpo di pistola, sparato quando la giovane donna era di spalle, è stato mortale. Il proiettile calibro 40 S&W attraverso le spalle ha raggiunto il cuore provocando uno choc emorragico. Il decesso è stato rapidissimo. Quando Venier le ha puntato la pistola al petto e ha sparato per la seconda volta, Michela era già morta. Non serviva infierire ancora, anzi, è probabile che la vittima non si sia nemmeno resa conto dell’agguato che l’ex compagno le ha teso al buio, seduto nel salotto o nascosto nella camera da letto.

Istantaneo anche il decesso di Venier, avvenuto a distanza di pochi minuti, dopo aver creato il gruppo “Addio” su Whatsapp e aver inviato la sua confessione-choc a parenti e amici più stretti. Martedì sera, in via della Repubblica 24 a Spilimbergo, il trentaseienne di Beano si è tolto la vita inginocchiandosi accanto alla donna che non voleva perdere e sparandosi alla tempia destra. Femminicidio e suicido sono stati collocati tra le 21.15 e le 22, anche se si ritiene che il decesso di Venier sia immediatamente successivo all’invio del messaggio.

È questo l’esito dell’autopsia eseguita ieri dal medico legale Giovanni Del Ben, alla quale ha partecipato anche l’avvocato Fabio Gasparini, nominato d’ufficio dalla stessa Procura a titolo di garanzia per la famiglia Venier. Sono stati eseguiti anche i prelievi per l’esame tossicologico, per capire se Venier avesse assunto farmaci o sostanze psicotrope che potevano alterarlo. Seguirà uno screening e, se dovesse dare esiti positivi, si procederà con ulteriori accertamenti. Si tratta di un’attività formale, disposta dal sostituto procuratore Monica Carraturo per radicare gli atti in ambito penalistico. Dopodichè il fascicolo sarà destinato all’archiviazione. Non essendo emersa la necessità di ulteriori esami medico legali, già oggi potrebbe essere rilasciato il nullaosta per la sepoltura delle salme.

L’attività dei carabinieri del Nucleo investigativo e della Compagnia di Spilimbergo sta invece per concludersi con l’acquisizione di ulteriori testimonianze utili a ricostruire la tormentata relazione sentimentale tra Michela a Manuel, tre anni di convivenza interrotta il 2 giugno. Una decisione che Venier non ha accettato e che è sfociata nell’ennesimo femminicidio. (Dal Gazzettino di Pordenone del 11.06.2016)

Parcheggiatore col manganello picchia un cliente: condannato

Colluttazione fuori dalla birreria, condannato a cinque mesi di reclusione (pena sospesa) il parcheggiatore per le ipotesi di reato di porto non autorizzato di manganello e per lesioni personali. Sono stati assolti per non aver commesso il fatto, invece, gli altri quattro imputati, una comitiva di amici. Tra questi C. G., assistito e difeso dall’avvocato Fabio Gasparini e dall’avvocato Marco Zaffino, il quale, oltre ad essere stato assolto dal reato a lui ascritto, ha ottenuto il risarcimento per i danni a subiti.

È la notte di Ognissanti del 2012, a Usago di Travesio. Scoppia un alterco fra due ragazze nel parcheggio della birreria Cooper’s nel giorno di Ognissanti. Il parcheggiatore, 43 anni, residente a Udine, interviene per placare gli animi.

Stando all’accusa, con sé ha un bastone estensibile in metallo. Nel tentativo di separare le due litiganti, tuttavia, inizia una colluttazione con una delle due. A quel punto accorrono anche la sorella della ragazza coinvolta nella colluttazione e un gruppo di amici.

Stando al capo di imputazione a loro volta avrebbero aggredito Di Fiore che, per difendersi, avrebbe estratto il manganello e colpito C. G., 23 anni, residente a San Daniele e S. M. i, 26enne di Zoppola.

Il giudice ha condannato il parcheggiatore al risarcimento delle lesioni subite da C. G. da liquidarsi in separata sede mentre ha emesso sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela per le lesioni subite da S. M.

Assolti per non aver commesso il fatto C, G, oltre a A. F. (34 anni di Spilimbergo), S. M. e la sorella S. M. (30 anni di Spilimbergo): erano accusati di aver colpito con calci e pugni il parcheggiatore, persistendo nella violenza anche quando era caduto a terra. (Dal Messaggero Veneto del 02.04.2016)

 

Danno futuro da perdita della capacità lavorativa del minore

Una bambina sviluppa una sordità completa a causa di una mancata diagnosi di meningite batterica. I genitori della minore agiscono in giudizio contro l’azienda ospedaliera lamentando sia un danno non patrimoniale iure proprio sia, in capo alla figlia, un danno futuro patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica. La perizia del c.t.u. riconosce un’invalidità del trenta per cento alla minore. I giudici di merito, in primo e in secondo grado, liquidano un risarcimento sostanzialmente contenuto quanto al danno non patrimoniale lamentato dai genitori, mentre negano il risarcimento del danno futuro.

Ricorrono allora per cassazione i genitori della bambina, lamentando la mancata applicazione da parte della Corte d’Appello del criterio che impone, in sede di valutazione del danno da perdita di capacità patrimoniale, di tener conto della percentuale di invalidità permanente medicalmente accertata. Inoltre – sottolineano i ricorrenti – il c.t.u. aveva riconosciuto l’esistenza dell’invalidità del trenta per cento quando la protesi era stata già impiantata sulla minore e, quindi, nonostante la correzione dell’handicap.

La Cassazione giudica fondato il ricorso: anzitutto rileva come l’impianto cocleare applicato fosse strutturalmente complesso e pertanto tale da risultare invasivo: il soggetto portatore di un simile impianto non può non percepirne l’invasività e – a causa di questa consapevolezza – si determinerà, anche in ambito lavorativo, in modo diverso rispetto ad una persona normoudente. Questa condizione è ancor più delicata quando, come nel caso di specie, il soggetto leso sia minore: tale circostanza deve esser apprezzata, secondo l’id quod plerumque accidit, come determinativa di una condizione della persona che certamente influenzerà la sua futura capacità lavorativa. A parere della S.C., è dunque assai probabile – se non addirittura sicuro – che la bambina, nel corso della sua vita, sarà portata a sentirsi diversa dai propri coetanei e che tale percezione inciderà sulle sue scelte future, anche lavorative. (Da Danno e Responsabilità Ipsoa . n. 2/2016)