Anno: 2016

Convegno “La sicurezza nella guida e i nuovi reati da circolazione stradale”

Da pochi mesi è entrata in vigore la Legge che ha istituito i nuovi reati di Omicidio stradale e di Lesioni personali stradali gravi o gravissime. In caso di incidente stradale sono previste pene fino a 18 anni di carcere oltre all’arresto in flagranza, il sequestro dell’autoveicolo e l’inibizione alla guida da 5 anni (nel caso di sinistro anche banale, come un tamponamento) e fino a 30 anni.

Di questo, nonché di Guida in stato di ebbrezza, Guida sotto effetto di sostanze stupefacenti e tutte le altre principali violazione del Codice della Strada ne parleremo il sabato 19 novembre 2016, presso la Sala Conisiliare del Comune di San Vito al Tagliamento.

I relatori del convegno saranno il al dott. Federico Facchin, Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Pordenone e all’avv. Fabio Gasparini, Presidente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati di Pordenone.

L’Istituto della “Messa alla prova” e l’estinzione del reato

Di seguito riportiamo i riferimenti normativi dell’Istituto della “Messa alla prova”.
Si tratta della Legge n. 67 del 28 aprile 2014, in GU n. 100 del 2 maggio 2014, che è intervenuta, introducendo nella sua seconda parte, l’istituto di diritto sostanziale della messa alla prova, con la previsione e l’inserimento nel codice penale degli artt. 168 bis, 168 ter e 168 quater, nonchè corredando la genesi normativa con disposizioni processuali che sono ricomprese dal nuovo Titolo V bis (del codice di rito) e che sono previste agli artt. 464 bis, 464 ter, 464 quater, 464 quinquies, 464 sexies, 464 septies, 464 octies e 464 novies.

L’istituto in esame può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato (come si ricava inequivocabilmente dal tenore del comma 2 dell’art. 168 ter, laddove la norma si riferisce agli effetti dell’esito positivo della prova).

In cosa consiste
Con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) per lo svolgimento di un programma di trattamento che preveda come attività obbligatorie:
• l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione gratuita in favore della collettività;
• l’attuazione di condotte riparative, volte ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato;
• il risarcimento del danno cagionato e, ove possibile, l’attività di mediazione con la vittima del reato.
Il programma può prevedere l’osservanza di una serie di obblighi relativi alla dimora, alla libertà di movimento e al divieto di frequentare determinati locali, oltre a quelli essenziali al reinserimento dell’imputato e relativi ai rapporti con l’ufficio di esecuzione penale esterna e con eventuali strutture sanitarie specialistiche.

Chi può chiederla
Possono accedere alla misura gli imputati per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del c.p.p..
Non può essere concessa più di una volta ed è esclusa nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato dal giudice delinquente abituale o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 c. p..

Come vi si accede
La richiesta può essere proposta, personalmente o per mezzo di procuratore speciale (legale di fiducia), fino a che non siano formulate le conclusioni o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’articolo 458, c1, del c.p.p.. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l’atto di opposizione.
Per accedere alla misura, è indispensabile che l’imputato richieda all’ufficio di esecuzione penale esterna competente, il rilascio di un programma di trattamento da allegare alla domanda di sospensione del processo e ammissione alla prova. Qualora l’ufficio non sia in grado di predisporre il programma immediatamente, rilascerà un’attestazione, per il giudice, da cui risulta che la domanda di rilascio del programma è stata presentata.
La richiesta di programma di trattamento deve contenere:
• l’indicazione degli atti rilevanti del procedimento penale (capo di imputazione, numero procedimento, tribunale competente);
• la disponibilità a svolgere il lavoro di pubblica utilità;
• la disponibilità ad azioni riparatorie e risarcitorie e da un percorso di mediazione con la persona offesa
• l’indicazione sintetica della situazione personale e familiare
• l’eventuale attività lavorativa svolta
• l’indicazione della struttura presso la quale svolgere il lavoro di pubblica utilità, se individuata
dovranno essere allegati:
• gli atti relativi al procedimento penale
• le osservazioni e le proposte in relazione agli impegni personali
La messa alla prova è subordinata alla prestazione di un lavoro di pubblica utilità che l’imputato deve reperire.
Le informazioni sugli enti convenzionati presso i quali poter svolgere il lavoro di pubblica utilità, posso essere chieste alla cancelleria del tribunale o all’ufficio di esecuzione penale esterna.

Compiti dell’Ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE)
L’ufficio avvia un’indagine socio familiare finalizzata alla predisposizione del programma di trattamento che dovrà contenere indicazioni circa le modalità di coinvolgimento dell’imputato e dei familiari nel processo di reinserimento sociale, le prescrizioni comportamentali, le attività di riparazione o di risarcimento del danno, e il lavoro di pubblica utilità. L’ufficio concorda il programma con l’imputato e chiede l’adesione degli Enti territoriali coinvolti.
Infine, trasmette al giudice l’indagine socio familiare, il programma di trattamento e le “considerazioni che lo sostengono”, comprensive delle notizie relative alla situazione economica e alla possibilità di svolgere l’attività riparativa o di mediazione.
Durante la fase di esecuzione della prova, l’UEPE svolge gli interventi necessari con le modalità previste dall’art.72 della legge n. 354/1975 e
• riferisce al giudice, con cadenza almeno trimestrale, sull’andamento del programma, sul comportamento tenuto, sulle proposte di modifica e le eventuali trasgressioni che potrebbero determinare la sospensione della prova.
• Redige inoltre la relazione finale.
La misura decorre dal momento della sottoscrizione del verbale di messa alla prova da parte dell’imputato, presso l’UEPE.

Compiti del giudice ed estinzione del procedimento
Il giudice acquisisce le informazioni dall’UEPE, degli organi di polizia e il parere del Pubblico Ministero, sente in aula l’imputato e la parte offesa.
Valuta, con le modalità indicate dall’art. 133 del codice penale, se ricorrono le condizioni per sospendere il processo e ammettere l’imputato alla prova.
Decide con ordinanza che stabilisce la durata della prova, le prescrizioni, il termine per l’adempimento delle attività di riparazione e le eventuali integrazioni o modifiche al programma di trattamento redatto dall’ufficio di esecuzione penale esterna.
Nella fase di esecuzione, il giudice riceve dall’UEPE le informazioni sull’andamento del programma, dispone le eventuali modifiche e, se necessario, i provvedimenti di revoca, in caso di grave inosservanza delle prescrizioni o di commissione di nuovi reati non colposi.
Al termine del periodo fissato, valuta in udienza l’esito della prova e, in caso positivo, dichiara l’estinzione del reato.
Il giudice può revocare anticipatamente la misura, con ripresa del processo, per grave e reiterata trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni.

La nuova legge sull’omicidio e le lesioni stradali

Il 25 marzo 2016 è entrata in vigore la Legge n. 41/2016 che ha istituito i nuovi reati di “Omicidio stradale” (589-bis cod. penale), e di “Lesioni personali stradali gravi o gravissime” (590-bis cod. penale) che prevedono conseguenze pesantissime sia in termini di pena che di sospensione e revoca della patente.
Il nuovo trattamento sanzionatorio, infatti, è del tutto sproporzionato se si dà una lettura sistemica del codice: le pene sono molto elevate, più ancora di quelle previste per alcuni gravi delitti dolosi, percepiti dalla collettività come connotati da grande disvalore sociale.
Ciò è ancor più preoccupante se si pensa che l’elevata sanzione colpisce di certo anche casi molto frequenti, come un tamponamento o una fuoriuscita autonoma di strada con persona trasportata a bordo.
In caso di incidente stradale sono previste pene fino a 18 anni di carcere oltre all’arresto in flagranza, il sequestro dell’autoveicolo e l’inibizione alla guida da 5 anni (nel caso di sinistro anche banale, come un tamponamento) e fino a 30 anni.
È bene ricordare che, ai sensi dell’articolo 583 comma 1 n. 1) cod. penale, una lesione personale può esser qualificata grave anche nel caso in cui dal fatto derivi «una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni».
Il fulcro della questione è proprio questo: i quaranta giorni di “malattia o incapacità”.
Come ben sa chi si occupa di infortuni, si tratta di un’evenienza assai frequente, in cui, non di rado, manca qualsiasi oggettività medica idonea a connotare lo stato fisico della vittima: si pensi, ad esempio, al classico “colpo di frusta”.
In tali casi, è prassi che il danneggiato produca (a fini assicurativi) una serie di certificati medici che possono portare a un prolungamento della prognosi ben oltre la soglia di quei 40 giorni che, a mente dell’articolo 583 comma 1 n. 1) Cod. penale, fanno qualificare il fatto come “grave”.
Ebbene, è evidente come una simile situazione possa facilmente portare conseguenza molto gravi in quanto, il solo fatto che sussista una prognosi superiore ai 40 giorni, potrebbe determinare, anche in assenza di querela, l’avvio di un procedimento penale per lesioni personali stradali gravi, ex articolo 590 bis cod. penale.
Il che comporterebbe, nell’ipotesi migliore, la pena della reclusione da 3 mesi a 1 anno, nonché la revoca della patente di guida per 5 anni, semplicemente perché la vittima del tamponamento lamenta (in buona o cattiva fede non si sa, ma in modo in ogni caso non obiettivabile) la persistenza di dolore, tale da impedirgli di condurre la sua vita “normale”.
A fronte della mano pesante del legislatore, che mira a colpire non solo i cosiddetti “pirati della strada”, bensì tutti coloro che si mettono alla guida e abbiano causato un incidente stradale con lesioni, risulta fondamentale intervenire tempestivamente fin dalle ore immediatamente successive all’incidente.
Per cercare di ridurre le conseguenze pregiudizievoli sarà, quindi, fondamentale predisporre fin da subito perizie cinematiche tramite le quali ricostruire l’esatta dinamica del sinistro.
Sarà altrettanto importante appurare, tramite un medico legale, se le conseguenze lesive subite dal danneggiato superino effettivamente i 40 giorni di malattia (limite temporale che fa “scattare” d’ufficio il procedimento penale con revoca della patente per 5 anni).
Dati del Ministero dell’Interno e dell’Asaps prevedono che a seguito della novella legislativa, verranno aperti ogni anno almeno 70.000 fascicoli penali per i reati di Omicidio Stradale e Lesioni Personali Stradali gravi o gravissime.
Di questi, circa 600 in provincia di Pordenone, 1.200 in provincia di Udine e 2.500 in provincia di Venezia.
Il fenomeno non può essere sottovalutato e va affrontato con una rapida ed efficiente difesa penale.

-avv. Fabio Gasparini-