Anno: 2015

Frattura di una mano del lavoratore. Responsabilità amministrativa dell’impresa per il vantaggio ottenuto dal risparmio di spesa per il dispositivo di sicurezza mancante

La recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. IV, 16 luglio 2015,  n. 31003) ha ribadito il principio, ormai consolidato, secondo cui, in materia di responsabilità amministrativa ex art. 25 septies d.lgs. 231/2001, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’ aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale [cfr. autorevolmente, per utili spunti, Sezioni unite, 24 aprile 2014, Espenhahn ed altri].

In altri termini, nei reati colposi l’interesse/vantaggio si ricollegano al risparmio nelle spese che l’ente dovrebbe sostenere per l’adozione delle misure precauzionali ovvero nell’agevolazione [sub specie, dell’aumento di produttività] che ne può derivare sempre per l’ente dallo sveltimento dell’attività lavorativa “favorita” dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, tale attività avrebbe “rallentato” quantomeno nei tempi.

 In questa prospettiva, la motivazione della condanna regge al vaglio di legittimità ove si consideri che da questa risulta che l’addebito colposo è stato basato anche e soprattutto nel non aver predisposto quel dispositivo di sicurezza, poi imposto dagli organi di vigilanza.

Bancarotta all’Arredo system, in 2 patteggiano, un rinvio a giudizio

Cinque anni dopo il fallimento dell’Arredo system di Fontanafredda, tre figure apicali dell’azienda si ritrovano in un’aula di tribunale. I due membri del consiglio d’amministrazione M. D. C., 35enne di Gaiarine e I. B., 37enne sacilese, hanno patteggiato, ciascuno, un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, per bancarotta. V. N., 72enne barese, nella sua veste di apparente cessionario di tutte le quote sociali dal 22 maggio del 2009 e amministratore unico dal 18 aprile dello stesso anno, è stato, invece, rinviato a giudizio. La prima udienza è fissata per il 6 novembre, dinanzi al tribunale collegiale di Pordenone. La curatela fallimentare si è costituita parte civile, con l’avvocato Fabio Gasparini del foro di Pordenone. Secondo l’accusa, in concorso fra di loro, al fine di procurare a sé o ad altri ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, avrebbero sottratto o distrutto le scritture contabili, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. in Particolare D. C., amministratore unico, in concorso con il socio di maggioranza B., avrebbe simulato una cessione delle quote della società (di fatto già cessata e smembrata da tempo) a N. e a A.P. Formalmente, però, i due avrebbero ceduto a quest’ultimo la documentazione, disperdendola in vista della procedura fallimentare, in modo da mascherare le sottrazioni di beni perpetrate nel periodo immediatamente precedente. Stando all’accusa, avrebbero inoltre distratto immobilizzazioni materiali per più di 730 mila euro e rimanenze per più di 188 mila euro e somme presenti in contabilità al 31 agosto 2008 di cui non era stata più trovata traccia. Nonostante la società fosse decotta nel 2009, secondo l’accusa aggravarono il dissesto, spogliando la società dei beni residui. (Dal Messaggero Veneto del 30.07.2015)

Dispetti, telefonate mute, danneggiamenti e minacce continue.

Dispetti, telefonate mute, danneggiamenti e minacce continue. Al processo contro L. C. C., 52 anni, ad Aviano conosciuto con il soprannome di “Zorro”, è cominciata la sfilata dei testimoni. È accusato di furti, danneggiamento e stalking. Per anni ha condizionato la vita dei compaesani, ostacolato trattative sulla compravendita di terreni, minacciato ritorsioni e subissato la gente di dispetti.
Tra le vittime ci sono anche due dipendenti comunali di Aviano, presi di mira per alcuni lavori pubblici in prossimità della casa di C. C., lavori che lui non gradiva. E c’è anche un direttore di banca. Ieri ha raccontato di come l’imputato gli avesse stravolto la vita. La sua e quella della famiglia. Di come gli mancava di rispetto in ufficio o gli incuteva timore perchè gli investimenti non davano il rendimento sperato. Mentre il direttore testimoniava, l’imputato è stato ripreso dal giudice Eugenio Pergola per il suo atteggiamento: «L’ammonisco a non ridere e a non commentare – gli ha intimato – altrimenti la mando fuori dall’aula».
Anche il bancario riceveva telefonate notturne mute. «All’inizio credevo fosse l’allarme della banca – ha spiegato – Una sera ho preso l’auto e sono andato fino ad Aviano. Ho visto C. C. uscire dalla cabina telefonica davanti alla banca, nel frattempo mia moglie ha ricevuto un’altra telefonata». E ancora: «Non si dormiva più la notte per via delle telefonate, una volta abbiamo fatto colazione con i bambini alle 4 del mattino». In un’occasione un uomo telefonò alla moglie e, con voce camuffata, l’avvertì: «Dica a suo marito che se lo trovo per strada in bicicletta lo prendo sotto». La famiglia fu tormentata tra il 2008 e il 2009. Un clima di ansia e tensione: «Non voglio dare la colpa a nessuno – ha riferito il testimone – ma aspettavamo un bambino e l’abbiamo perso».
Ansia e tensione come quelle descritte da un’altra famiglia di Aviano, colpevole di aver acquistato un terreno a cui era interessato anche C. C. «Si appostava anche davanti alla scuola di nostra figlia», hanno dichiarato marito e moglie. Danneggiamenti, lanci di uova, telefonate e intromissioni durante le aste sono stati invece confermati da un impresario di Aviano, anche lui nella lista delle parti offese. Tra le vittime c’è anche un avianese che aveva subito un incendio, episodio che la Procura ha però archiviato non essendoci prove a carico di Candotto Carniel.
L’udienza è stata aggiornata al 2 ottobre per sentire i testimoni delle parti civili (il Comune di Aviano e sei vittime costituiti rispettivamente con gli avvocati Fabio Gasparini e Daniel Polo Pardise). L’imputato è difeso dall’avvocato Alessandro Magaraci. (Dal Gazzettino del 23.07.2015)