Anno: 2015

Stalking ai compaesani, otto anni di reclusione e risarcimento esemplare alle parti civili

È stato condannato a 8 anni e 2 mesi di reclusione, oltre a 600 euro di multa, per aver condizionato la vita dei suoi compaesani con minacce, danneggiamenti, furti, telefonate mute e dispetti che hanno portato la Procura a contestare l’accusa di stalking.
L. C. C., 52 anni, di Aviano, è stato condannato ieri pomeriggio dal giudice Eugenio Pergola. È stata una sentenza esemplare. Che dà ristoro anche alle parti civili costituite con gli avvocati Daniel Polo Pardise e, limitatamente al Comune di Aviano, Fabio Gasparini. Il giudice ha infatti riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva di 15 mila euro ciascuno a cinque parti civili; 3 mila euro a una sesta e 2 mila al Comune. In tutto 80 mila euro. C. C. dovrà rifondere le spese di lite, quantificate in 3.420 euro, e pagare le spese di mantenimento in carcere. Il non luogo a procedere è stato dichiarato soltanto per un capo di imputazione relativo a un’ipotesi di stalking, in quanto i due dipendenti comunali hanno ritirato la querela. Una violenza privata è stata invece riqualificata in esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Il giudice ha infine inviato gli atti al Procura per le «ragioni che saranno illustrate nelle motivazioni della sentenza». È facile immaginare che si stesse riferendo a un’ipotesi di calunnia, in quanto C. C. ha denunciato i carabinieri di Aviano per falsa testimonianza e abuso d’ufficio. Tra l’Arma e l’agricoltore di Aviano, che nel 2009 fu anche sottoposto a misura cautelare in carcere, il rapporto è teso. «Il mio assistito – ha detto l’avvocato Alessandro Magaraci – si dichiara estraneo alle accuse. Ha ricusato il giudice due volte, è vittima di una persecuzione giudiziaria. I Carabinieri gli avevano installato il Gps sull’auto sbagliata. Come si possono dimostrare i suoi spostamenti se tutto è accaduto senza che quella macchina si sia mai mossa?». La difesa attende di conoscere le motivazioni della sentenza, poi procederà con l’appello.
Soddisfazione da parte degli avianesi che si erano costituiti parte civile. Al processo avevano ripercorso periodi di terrore e ansia, come la famiglia che aveva raccontato delle telefonate mute durante la notte e di come viveva nella paura temendo per la propria incolumità, soprattutto dopo che l’imputato aveva cercato di investire con l’auto il capofamiglia. (Dal Gazzettino del 23.12.2015)

 

Convegno AIGA sulla crisi da sovraindebitamento

L’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati di Pordenone) in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Pordenone ha organizzato un convegno dal titolo “La crisi da sovraindebitamento: il procedimento di composizione della crisi ai sensi della Legge 3/2012 fra disponibilità del credito e liquidazione del patrimonio”. I lavori si terranno domani, venerdì 11 dicembre, dalle 15 alle 18 in Palazzo Montereale Mantica a Pordenone e saranno introdotti da Rosanna Rovere (Presidente dell’Ordine degli Avvocati) e Fabio Gasparini (Presidente dei Giovani avvocati pordenonesi). Sono previsti gli interventi, moderati dall’avv. Luca Stramare, del dott. Francesco Pedoja (Presidente del Tribunale di Pordenone), del dott. Dario Barnaba (Segretario Commissione Regionale ABI), del prof. Marco Speranzin (Università di Padova), del prof. Loris Tosi (Università di Venezia), della dott.ssa Tamara Trevisan (Direzione Regionale FVG Agenzia delle Entrate) del dott. Emanuele Cattozzo (Direttore Regionale Equitalia Nord) nonché dei componenti del consiglio dell’Ordine Chiara Coden e Alvise Cecchinato. Il convegno si propone l’obiettivo di approfondire gli aspetti più significativi della legge n.3 del 2012 (che regola la “Composizione della crisi da sovraindebitamento”).  Tale normativa prevede la possibilità per i consumatori in difficoltà di rinegoziare i propri debiti con i creditori sulla base di un piano di ristrutturazione del debito. Se approvato, il Piano permette di sospendere tutte le procedure esecutive (sia quelle già in corso, sia quelle che devono partire) e di sanare i propri i debiti, senza doverli per forza ripagare interamente.

 

Spilimbergo, esplosione mortale alla Mistral: ieri l’incidente probatorio

L’ultimo serbatoio all’interno dello stabilimento della Mistral di Spilimbergo in cui si è verificata l’esplosione in cui ha perso la vita il cinquantenne G. T., era stato bonificato solo parzialmente, a differenza degli altri. Lo ha stabilito la consulenza tecnica affidata dal giudice per le indagini preliminari Roberta Bolzoni all’ingegner Roberto Barro di Udine che ieri mattina è stato sentito in incidente probatorio. La consulenza tecnica doveva, per l’appunto, appurare le cause di deflagrazione del serbatoio, che proiettò T., intento in un intervento di manutenzione programmata, a circa duecento metri di distanza, da un’altezza dal suolo di dieci metri. L’esperto doveva verificare se, prima che l’operaio si avvicinasse con il cannello da ossitaglio alla sommità del serbatoio, fossero stati effettuati tutti i lavaggi previsti dai protocolli di sicurezza per eliminare ogni residuo. La perizia ha accertato, dunque, la presenza di residui all’interno del serbatoio. A innescare l’esplosione fatale è stato l’utilizzo della fiamma ossidrica sulla sommità del serbatoio. Se l’addetto alla manutenzione non avesse abbandonato la piattaforma elevatrice, portando il cannello acceso con sé, l’esplosione non si sarebbe verificata. Ma è altresì emerso che i protocolli non erano stati rispettati. A chi è da ascrivere tale responsabilità? Quale dei fattori ha pesato di più nel provocare l’infortunio sul lavoro? Le operazioni di bonifica erano state affidate dalla Mistral a una ditta esterna. Le attività di manutenzione programmata, invece, venivano gestite con personale interno. Secondo la difesa, però, dall’incidente probatorio non sono emerse responsabilità sotto il profilo di violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro né in capo all’azienda né in capo ai tre indagati (Haimo Hafner, legale rappresentante e presidente del cda, Alessio Conti Artino, responsabile dello stabilimento spilimberghese, Antonio Zavagno, responsabile del servizio di prevenzione e protezione). Casomai, è la tesi di Romeo Bianchin, che assiste Zavagno e Conti Artino, verifiche e controlli sarebbero spettati alla ditta incaricata della bonifica. I familiari di Toneatti si sono costituiti parte civile: la madre Maria e il fratello Alessandro con l’avvocato Fabio Gasparini, le figlie della vittima, Elisa ed Elena, con l’avvocato Antonio Malattia. Gli atti relativi all’incidente probatorio sono stati acquisiti dal sostituto procuratore Marco Brusegan, che dovrà definire le eventuali imputazioni. Potrebbero emergere anche nuovi fronti di indagine. (Dal Messaggero Veneto del 12.11.2015)