Anno: 2015

Scoppio alla Mistral di Spilimbergo, una vittima

Un operaio è morto e un altro è rimasto miracolosamente illeso – sotto choc è stato comunque ricoverato in ospedale – nell’esplosione di una cisterna all’interno del termovalorizzatore «Mistral Fvg» di Spilimbergo. L’incidente è avvenuto attorno alle 15. La vittima, 50 anni, dipendente della società e residente non lontano dal luogo della tragedia, pare fosse impegnato in un’operazione di straordinaria manutenzione consistente nella bonifica di un serbatoio. Sospeso su una piattaforma aerea, doveva completare la pulizia preliminare alla rimozione del contenitore, destinato alla dismissione. Ad un tratto, per cause ancora in corso di accertamento, si è verificata una deflagrazione che non gli ha dato scampo: l’uomo è morto all’ istante. Poco distante, un collega è stato soltanto sfiorato dall’onda d’urto e dai detriti ed è riuscito a salvarsi. Immediato l’allarme lanciato dagli altri operai del reparto. Sul posto sono giunte sei squadre dei vigili del fuoco, dal locale distaccamento e dal Comando provinciale di Pordenone, che hanno immediatamente domato un principio di incendio che era divampato e messo in sicurezza il reparto, per consentire l’intervento dei sanitari. Per Toneatti non c’era tuttavia più nulla da fare. Al rianimatore del 118, giunto a bordo dell’ elicottero, decollato dalla Centrale operativa regionale, non è rimasto altro che constatare il decesso dell’uomo. I rilievi sono a cura dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della locale Compagnia dei Carabinieri che, assieme agli ispettori dell’Azienda per l’assistenza sanitaria, hanno sentito i colleghi della vittima e verificato il rispetto dei protocolli di sicurezza. Tra le possibili cause della deflagrazione, la presenza di gas o sostanze residue nel contenitore. Su disposizione del sostituto procuratore di Pordenone, Annita Sorti, l’area in cui è avvenuta l’esplosione è stata posta sotto sequestro. La «Mistral Fvg» si occupa della gestione, dello stoccaggio e dello smaltimento dei rifiuti. In particolare, nell’impianto friulano si provvede alla gestione di rifiuti speciali pericolosi e non allo stato fisico solido e liquido, come rifiuti ospedalieri, medicinali scaduti, ma anche provenienti da attività industriali. (dal Messaggero Veneto del 30.03.2015)

San Vito: anziana caduta, eredi risarciti

SAN VITO. Casa di riposo di San Vito condannata a pagare agli eredi di un’ospite oltre 20 mila euro, più le spese della causa, per un infortunio accaduto nel 2012. La somma è stata corrisposta nei giorni scorsi dall’assicurazione.

Dopo la morte dell’anziano aggredito dal compagno di stanza, la struttura della parrocchia dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia martiri torna dunque sotto i riflettori. L’indennizzo, disposto dal giudice Enrico Manzon, riguarda un procedimento civile promosso dai familiari di un’anziana, deceduta nel 2013 per cause non collegate alla vicenda, con l’avvocato Fabio Gasparini. Il giudice ha accertato la responsabilità della casa di riposo nell’incidente, avvenuto il 5 luglio 2012.

L’ospite aveva riportato la frattura del femore sinistro per una caduta dalla sedia a rotelle. La colpa accertata dal giudice è quella di non aver provveduto «a sorveglianza adeguata», tra l’altro «non essendo la condotta pericolosa dell’ospite affatto imprevedibile».

Quest’ultimo aspetto è legato, stando a quanto si legge nella sentenza, alle condizioni di salute dell’ospite («demenza vascolare con disturbi comportamentali», viene specificato). Ovvero, si ritiene «comune esperienza» che gli anziani in simili condizioni possano compiere «atti imprudenti» e prevenirli è obbligo della struttura “proteggente”. Tra le parti non era oggetto di controversia la percentuale di invalidità permanente derivata dall’incidente (stabilita al 10 per cento), quanto la quantificazione del danno. Per certi aspetti, in questo caso, Manzon ha dato ragione ai ricorrenti, per altri alla casa di riposo. Il calcolo del risarcimento agli eredi, alla fine, è stato stabilito in 20.615 euro.

Alla struttura per anziani spetta anche l’onere delle spese della causa per 5.450 euro.

«Una causa civile come ne possono capitare per infortuni che si verificano di tanto in tanto, in questa come in altre strutture – osserva il vicepresidente delegato della casa di riposo, Mario Fogolin –. Purtroppo sono casi che capitano. Poi, c’è chi si sente danneggiato e chi no». Risulta impossibile, insomma, ridurre a zero questo tipo di rischi, in una struttura che ospita 264 anziani, quasi tutti non autosufficienti. Incidenti che, comunque, restano episodi isolati in un contesto assistenziale di cui è riconosciuta l’affidabilità. (dal Messaggero Veneto del 18.05.2015)

Era ubriaca, ma all’alcoltest soffia troppo piano: assolta

L’alcol-test decreta uno stato di (notevole) ubriachezza, ma al contempo avverte che la quantità d’aria soffiata all’interno del dispositivo è insufficiente. Risultato: il giudice assolve perché il fatto non sussiste.

Questo l’epilogo della vicenda di I.H., 39 anni, cittadina ucraina, fermata a marzo di due anni fa dalla Polstrada di Spilimbergo e finita nei guai per avere – almeno così sembrava, prima della sentenza di ieri – alzato troppo il gomito prima di mettersi alla guida.

La donna, quella notte, era incappata nella pattuglia a Casarsa. gli agenti avevano subito avvertito un odore di alcol nel suo alito. E già questo “sintomo” – come la parlata a bocca “impastata”, il barcollare, gli occhi lucidi – secondo la riforma del 2010 è sufficiente per far scattare la sanzione amministrativa.

Asserito che la multa ormai fosse inevitabile, si è proceduto dunque a effettuare l’alcol-test. Prima misurazione: lo scontrino del macchinario attesta un livello di 1,05 grammi d’alcol per litro di sangue, ovvero più del doppio del limite di legge. Ma, sul fondo, c’è la scritta “Volume insufficiente”. Seconda misurazione: il livello sale a 1,08, e la scritta in calce è la stessa.

Avendo superato quota 0,81, l’infrazione al codice della strada da amministrativa diventa penale. All’ucraina viene quindi assegnato un avvocato d’ufficio, il quale, nella sua accorata difesa in aula, mette in dubbio la validità della prova, in quanto, appunto, il volume d’aria soffiato nel dispositivo della Polstrada era insufficiente per la misurazione. (Dal Messaggero Veneto del 11.03.2015).