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«Bombe carta? No, erano fuochi pirotecnici» Il giudice ha rimesso in libertà l’indagato per detenzione di esplosivi difeso dall’avvocato Fabio Gasparini

«Non erano bombe carta, ma semplici petardi e giochi pirotecnici di libera vendita, che ho acquistato a Caserta». Così P.P., 33 anni, operaio, originario di Caserta e residente ad Aviano si è giustificato dinanzi al gup Monica Biasutti all’interrogatorio di garanzia. Il giudice lo ha scarcerato e rimesso in libertà, in attesa che la perizia disposta sui residui del materiale esploso stabilisca se si sia trattato di petardi, come ha sostenuto l’indagato, o di bombe carta, come è stato ipotizzato invece dagli inquirenti.

Difeso dall’avvocato Fabio Gasparini, P. ha ricostruito la notte dell’arresto. Ha raccontato di essere andato sabato sera con un amico a casa del padre di lui, suo compaesano, in via Maddalena a Villotta di Aviano, per mostrargli i petardi acquistati a Caserta. In questa circostanza avrebbe fatto esplodere il primo. L’operaio ha negato intenti vandalici o intimidatori.

A lanciare l’allarme, alle 20.30, sabato, sono stati i residenti, spaventati dal boato. Vibravano persino i vetri delle case a centinaia di metri di distanza. C’è chi ha temuto lo scoppio di una bombola di gas. Da un’auto a fari spenti è stato visto gettare in strada

Accorsi sul posto i carabinieri di Aviano e dell’aliquota radiomobile di Sacile hanno notato in via Pitteri un’Alfa Romeo 147 rossa (il cui conducente è risultato estraneo ai fatti) e poco distante un uomo con una mano sanguinante che scappava a piedi dopo una seconda detonazione. Alla vista dei carabinieri il 33enne siciliano ha cercato di darsi alla fuga: da qui la contestazione di resistenza.

Le ipotesi di reato per le quali è stato indagato P. (detenzione e impiego di materiali esplodenti, esplosioni pericolose) prevedono in caso di condanna pene molto severe, dai tre ai dodici anni. «Il giudice ha ritenuto che non vi fossero i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati», ha precisato l’avvocato Gasparini (Dal Messaggero Veneto del 25.09.2018).

Pordenonese querela Belpietro

Il giorno dopo la strage di Parigi, il quotidiano Libero titolò a sei colonne: “Bastardi islamici”. Più di una querela fu presentata alla magistratura nei confronti del direttore responsabile Maurizio Belpietro. Una di queste porta la firma di M. A .S., manager di 45 anni, esponente del coordinamento territoriale del Pd di Pordenone. Ebbene, il pubblico ministero, concluse le indagini, ha chiesto la citazione diretta a giudizio del noto giornalista. Il processo comincerà il 13 marzo dell’anno prossimo dinanzi al giudice monocratico. In quella sede M. A. S. si costituirà parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini, che sta seguendo il caso. La Procura di Milano contesta a Belpietro di aver offeso pubblicamente la confessione religiosa islamica, «mediante il vilipendio di coloro che la professano». Con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità di discriminazione e di odio religioso». In sostanza il direttore di Libero, secondo gli inquirenti, ha violato l’articolo 403 del codice penale (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio alle persone) e la legge Mancino in materia di discriminazione razziale (articolo 3, comma 1 della legge 205 del 1993). «Il mio cliente ha deciso di sporgere denuncia – ha spiegato l’avvocato Fabio Gasparini – perché quel titolo evoca l’accostamento fra i terroristi di Parigi e la religione musulmana, favorendo un’indebita generalizzazione». Sono una decina le persone offese nel procedimento, da tutte le parti d’Italia. La Procura ha operato una cernita. «Credo – ha aggiunto M. A. S. – che reagire a simili affronti sia un dovere civico, come cittadino italiano di fede islamica. Facciamo parte del tessuto sociale di questo paese. Non è ammissibile associare una religione agli atti terroristici, che sia l’Islam o un’altra confessione. Noi stessi musulmani siamo spaventati dai terroristi. Quelle parole mi hanno fatto male, hanno offeso l’intera Italia, non solo la comunità islamica». (DAl Messaggero Veneto del 19.11.2016)