Categoria: Infortunistica

Danno da fermo tecnico in incidente stradale

Cassazione civile, sez. III, 8 maggio 2012, n. 6907 – Pres. Spagna Musso – Est. D’Amico

È possibile la liquidazione equitativa del danno cd. da “fermo tecnico” anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato.

Il caso

Il sig. P. ottiene in giudizio il risarcimento del danno subito dalla propria autovettura in occasione di un sinistro stradale.

Tuttavia, il giudice del merito non riconosce in suo favore il risarcimento del danno da fermo tecnico in quanto non specificamente oggetto di prova.

Il sig. P. propone, allora, ricorso per cassazione, sostenendo che, in ordine a questo danno, il giudice deve decider secondo equità, senza la necessità che il danneggiato articoli una specifica prova.

La decisione

La S.C. accoglie la tesi del ricorrente e cassa la sentenza im-pugnata. Spiega, infatti, che è possibile la liquidazione equitativa del danno subito dal proprietario dell’autovettura danneggiata a causa della impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione, anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato.

L’autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione, ecc.) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore.

I precedenti

In precedenza, cfr. in conformità Cass. 9 novembre 2006, n. 23916, nonché, in motivazione, Cass. 27 gennaio 2010, n. 1688. Tuttavia, occorre segnalare sul tema il contrasto giurisprudenziale tra le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza in commento ed altro orientamento, il quale sostiene che il c.d. “danno da fermo tecnico” del veicolo incidentato

non può considerarsi sussistente “in re ipsa”, quale conseguenza automatica dell’incidente, ma necessita di esplicita prova che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, quanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla impossibilità della sua utilizzazione, ne sia derivato un danno (quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi). In tal ultimo senso, cfr. Cass. 9 marzo 2011, n. 5543, nonché, in precedenza, Cass. 19 novembre 1999, n. 12820.

La dottrina

S. Argine, La ritrovata valorizzazione dell’esigenza probatoria in ambito risarcitorio, in Resp. civ. e prev., 2012, 122, che tratta, appunto, del danno da fermo tecnico, del rifiuto del concetto di danno in re ipsa come obiettivo faticosamente raggiunto dalla giurisprudenza, nonché del contenuto della prova necessaria per ottenerne il riconoscimento. Dello stesso autore e sullo stesso tema, cfr. anche Cessione del credito risarcitorio e noleggio di vettura sostitutiva: profili interpretativi, in Resp. civ. e prev., 2011, 2462. (Tratto dalla rivista Danno e responsabilità 7/2012 – Ipsoa).

Auto danneggiata, N. ottiene il risarcimento

messaggeroveneto

SAN VITO. Si è messa la parola fine sulla causa intentata da I. N. contro il Comune di San Vito, per i danni subiti dalla propria vettura: il procedimento instaurato a suo tempo avanti al tribunale di Pordenone è stato abbandonato l’altro giorno dalle parti per intervenuto accordo in corso di causa. La Unipol, compagnia che assicura per la responsabilità civile il Comune, ha infatti formulato un’offerta con la quale ha risarcito buona parte dei danni subiti da N., nonché le spese legali dell’avvocato di quest’ultimo, Fabio Gasparini (anche lui sanvitese e, tra l’altro, impegnato in politica: è infatti consigliere provinciale di Italia dei valori).
Erano le 22.30 del 23 luglio 2010 quando N., a bordo della sua Mercedes Cls, stava percorrendo via Savorgnano, dal centro del capoluogo verso la frazione. Nei pressi dell’intersezione tra via Savorgnano e via della Bontà, l’auto di N. urtò un ostacolo, costituito dalla cuspide del cordolo posto a protezione della costruenda pista ciclabile (in quei giorni la pista era un cantiere), ubicato vicino alla carreggiata e nei pressi dell’area dell’intersezione stradale. Un ostacolo che, secondo la ricostruzione effettuata da Gasparini, non sarebbe stato segnalato, tanto che il Comune avrebbe provveduto a evidenziare la presenza del cordolo, con apposita segnaletica stradale, soltanto dopo che era avvenuto il sinistro. I danni subiti dalla Mercedes erano stati quantificati da N. in 15 mila euro.
Alcuni giorni dopo, l’allora consigliere comunale aveva inoltrato personalmente le richieste risarcitorie al municipio, che a sua volta aveva informato della questione la compagnia assicurativa operante per la responsabilità civile. La risposta era stata negativa: Gasparini aveva pertanto citato in giudizio il Comune, rinnovando la richiesta di pagamento dell’integrale risarcimento.
In corso di causa, dunque, l’avvocato ha ottenuto la proposta transattiva, che è stata accettata (N. sarà risarcito per circa due terzi della richiesta). Ieri è stata messa la parola fine sulla vicenda. In relazione alla stessa pista ciclabile (ma a qualche centinaio di metri di distanza, precisamente in via San Vito), nei mesi scorsi le cronache registrarono il risarcimento ottenuto da una donna che era caduta mentre la percorreva a piedi essendo inciampata in un buco predisposto per l’illuminazione pubblica stradale lasciato scoperto.
Andrea Sartori (Messaggero Veneto, 21 aprile 2013)