Spilimbergo, esplosione mortale alla Mistral: ieri l’incidente probatorio

L’ultimo serbatoio all’interno dello stabilimento della Mistral di Spilimbergo in cui si è verificata l’esplosione in cui ha perso la vita il cinquantenne G. T., era stato bonificato solo parzialmente, a differenza degli altri. Lo ha stabilito la consulenza tecnica affidata dal giudice per le indagini preliminari Roberta Bolzoni all’ingegner Roberto Barro di Udine che ieri mattina è stato sentito in incidente probatorio. La consulenza tecnica doveva, per l’appunto, appurare le cause di deflagrazione del serbatoio, che proiettò T., intento in un intervento di manutenzione programmata, a circa duecento metri di distanza, da un’altezza dal suolo di dieci metri. L’esperto doveva verificare se, prima che l’operaio si avvicinasse con il cannello da ossitaglio alla sommità del serbatoio, fossero stati effettuati tutti i lavaggi previsti dai protocolli di sicurezza per eliminare ogni residuo. La perizia ha accertato, dunque, la presenza di residui all’interno del serbatoio. A innescare l’esplosione fatale è stato l’utilizzo della fiamma ossidrica sulla sommità del serbatoio. Se l’addetto alla manutenzione non avesse abbandonato la piattaforma elevatrice, portando il cannello acceso con sé, l’esplosione non si sarebbe verificata. Ma è altresì emerso che i protocolli non erano stati rispettati. A chi è da ascrivere tale responsabilità? Quale dei fattori ha pesato di più nel provocare l’infortunio sul lavoro? Le operazioni di bonifica erano state affidate dalla Mistral a una ditta esterna. Le attività di manutenzione programmata, invece, venivano gestite con personale interno. Secondo la difesa, però, dall’incidente probatorio non sono emerse responsabilità sotto il profilo di violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro né in capo all’azienda né in capo ai tre indagati (Haimo Hafner, legale rappresentante e presidente del cda, Alessio Conti Artino, responsabile dello stabilimento spilimberghese, Antonio Zavagno, responsabile del servizio di prevenzione e protezione). Casomai, è la tesi di Romeo Bianchin, che assiste Zavagno e Conti Artino, verifiche e controlli sarebbero spettati alla ditta incaricata della bonifica. I familiari di Toneatti si sono costituiti parte civile: la madre Maria e il fratello Alessandro con l’avvocato Fabio Gasparini, le figlie della vittima, Elisa ed Elena, con l’avvocato Antonio Malattia. Gli atti relativi all’incidente probatorio sono stati acquisiti dal sostituto procuratore Marco Brusegan, che dovrà definire le eventuali imputazioni. Potrebbero emergere anche nuovi fronti di indagine. (Dal Messaggero Veneto del 12.11.2015)