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Truffa clienti ed erario per oltre mezzo milione. Costituite 5 parti civili con l’avvocato Fabio Gasparini

Avevano piena fiducia nel commercialista che aveva aperto lo studio T. a Casarsa. Quando hanno scoperto che non si occupava come avrebbe dovuto delle loro dichiarazioni dei redditi o del versamento dell’iva, era ormai troppo tardi. S. C., 41 anni, originario di San Vito al Tagliamento, attualmente all’estero, difeso dall’avvocato Anna Tortora, ieri è stato rinviato a giudizio dal gup Roberta Bolzoni. Il processo comincerà il 7 febbraio prossimo: è chiamato a difendersi dalle accuse di truffa aggravata e di varie fattispecie di falso. Ieri, in udienza preliminare, con gli avvocati Fabio Gasparini, Giuseppe Bavaresco e Francesco Furlan si sono costituite cinque parti civili. Le parti offese sono però una trentina e l’importo falsamente compensato con i modelli F24 è di 505 mila euro.

I fatti contestati vanno dall’agosto 2011 al marzo 2013. C. – a cui il pm Federico Facchin ha contestato l’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazioni d’opera – è accusato di aver truffato i suoi clienti (artigiani, commercianti e studi tecnici di Pordenone, Casarsa, Sesto al Reghena e Zoppola). Erano tutti convinti della regolarità delle pratiche che gli avevano affidato e non si erano mai preoccupati. Ci pensava lui. In realtà negligenze ed errori hanno originato pesanti irregolarità fiscali. «Se le pratiche fossero state gestite correttamente – rileva la Procura nell’imputazione – nessun debito erariale sarebbe stato originato».

A farne le spese sono stati anche i funzionari della sede di Pordenone dell’agenzia delle entrate. C. è infatti accusato di essersi avvalso della procedura di “compensazione orizzontale”, quella che permette al contribuente di compensare crediti e debiti nei confronti dell’erario, inviando per via telematica F24 falsi. Lo avrebbe fatto in qualità di intermediario abilitato e utilizzando chiavi di accesso che erano state rilasciate ai clienti. In questo modo – secondo l’accusa – si sarebbe procurato un ingiusto profitto di 505 mila euro, poichè per l’effetto della procedura da lui avviata è scattato l’annullamento della pretesa erariale ed è stata bloccata la procedura di riscossione. (dal Gazzettino del 13.10.2016)

Pordenonese querela Belpietro

Il giorno dopo la strage di Parigi, il quotidiano Libero titolò a sei colonne: “Bastardi islamici”. Più di una querela fu presentata alla magistratura nei confronti del direttore responsabile Maurizio Belpietro. Una di queste porta la firma di M. A .S., manager di 45 anni, esponente del coordinamento territoriale del Pd di Pordenone. Ebbene, il pubblico ministero, concluse le indagini, ha chiesto la citazione diretta a giudizio del noto giornalista. Il processo comincerà il 13 marzo dell’anno prossimo dinanzi al giudice monocratico. In quella sede M. A. S. si costituirà parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini, che sta seguendo il caso. La Procura di Milano contesta a Belpietro di aver offeso pubblicamente la confessione religiosa islamica, «mediante il vilipendio di coloro che la professano». Con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità di discriminazione e di odio religioso». In sostanza il direttore di Libero, secondo gli inquirenti, ha violato l’articolo 403 del codice penale (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio alle persone) e la legge Mancino in materia di discriminazione razziale (articolo 3, comma 1 della legge 205 del 1993). «Il mio cliente ha deciso di sporgere denuncia – ha spiegato l’avvocato Fabio Gasparini – perché quel titolo evoca l’accostamento fra i terroristi di Parigi e la religione musulmana, favorendo un’indebita generalizzazione». Sono una decina le persone offese nel procedimento, da tutte le parti d’Italia. La Procura ha operato una cernita. «Credo – ha aggiunto M. A. S. – che reagire a simili affronti sia un dovere civico, come cittadino italiano di fede islamica. Facciamo parte del tessuto sociale di questo paese. Non è ammissibile associare una religione agli atti terroristici, che sia l’Islam o un’altra confessione. Noi stessi musulmani siamo spaventati dai terroristi. Quelle parole mi hanno fatto male, hanno offeso l’intera Italia, non solo la comunità islamica». (DAl Messaggero Veneto del 19.11.2016)