Da Palermo a Pordenone il processo con persona offesa il Presidente della Repubblica

Scrissero frasi pesantissime su Facebook contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lasciandosi andare a commenti irripetibili. Ora sulla carta rischiano, in caso di condanna, pene non indifferenti. Uno di loro ebbe addirittura l’ardire di digitare sulla tastiera: «La mafia ha ucciso il Mattarella sbagliato». Parole che fecero drizzare le antenne alla direzione distrettuale antimafia di Palermo, che avocò a sé l’indagine. Si temeva che in quel gruppo Facebook “Sergio Mattarella non è il mio presidente” si annidasse un’organizzazione. Timore poi fugato dagli accertamenti: i nove autori delle frasi incriminate non avevano alcuna relazione fra di loro. Per un solo commento pubblicato sotto a un post è finito nei guai anche un pensionato residente a Fossalta di Portogruaro, difeso dall’avvocato Fabio Gasparini del foro di Pordenone, ha scritto online un insulto e: «Pagherai molto caro questo golpe». Era la fine di maggio del 2018. Il dibattito politico in Italia si era fatto incandescente. Mattarella era stato bersagliato di insulti e minacce dopo aver posto il veto su Paolo Savona al ministero dell’Economia. Il procedimento penale, aperto per le ipotesi di attentato alla libertà del presidente, offesa al suo onore e prestigio e per istigazione a delinquere, è approdato martedì in udienza preliminare a Palermo. I tre reati sono contestati ai nove indagati. Per dare un’idea della gravità delle ipotesi d’accusa, per chiunque attenti alla libertà del presidente la pena, in caso di condanna, è la reclusione dai 5 ai 15 anni. Due indagati hanno scelto il rito abbreviato, una posizione è stata stralciata per un difetto di notifica. Per gli altri sei il gup Giuliano Castiglia ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale, sollevata dallo stesso avvocato Fabio Gasparini e dagli altri difensori. Il caso passa dunque alla procura di Pordenone. Il processo si terrà in riva al Noncello, in caso di abbreviato, o in Corte d’assise a Udine, in caso di dibattimento. «Valuteremo cosa fare – ha concluso l’avvocato Fabio Gasparini -. L’imputato ha reso interrogatorio, si è pentito di quella frase e ha chiesto scusa. Ritengo che non sussistano i reati contestati, quella frase su internet non era idonea ad attentare alla libertà del presidente né a istigare a delinquere». Dal Messaggero Veneto del 01.07.2021