Categoria: Responsabilità civile e risarcimento del danno

Scontro ad Azzano Decimo, muore a 51 anni. Coinvolta finalista di “The Voice”

AZZANO DECIMO. G. D’A., 51 anni, di Tiezzo, presidente del coro Quattro Molini di Azzano Decimo, è morto – martedì 4 settembre – dopo essere stato investito da un’auto.

Al volante c’era A. S., 19 anni, azzanese, finalista del talent show televisivo “The voice of Italy 2018”. Il canto era la passione di entrambi. Ma a farli incontrare è stato il fato, in via delle Rimembranze a Tiezzo, intorno a mezzogiorno.

La cantante (che guidava un’Alfa Romeo) e il corista, in sella alla sua bicicletta, viaggiavano nella stessa direzione. Poi l’imprevisto, riferito da Asia ai carabinieri.

Dai finestrini aperti si è infilato nell’abitacolo un calabrone e la ragazza, che per questi insetti nutre una vera e propria fobia, ha perso il controllo dell’auto. Sbandando, il veicolo ha travolto il ciclista sul ciglio della strada.

La conducente, sconvolta, ha dichiarato ai militari dell’Arma – sul posto la pattuglia dell’aliquota radiomobile di Pordenone e la stazione di Azzano Decimo – di non essersi nemmeno accorta che sulla carreggiata c’era una bicicletta in movimento, in preda come era alla paura.

Subito dopo l’urto A. si è fermata a soccorrere il ciclista, caduto a terra, e ha mobilitato il 118. Sul posto ambulanza e elicottero. Per più di trenta minuti l’équipe medica del 118 ha praticato, invano, le manovre di rianimazione a G. Il battito, però, non è mai ripreso.

Alla notizia, A. è stata colta da un malore: la ragazza, in stato di choc, è stata portata via in ambulanza.

Nel pomeriggio è stata dimessa e con l’avvocato Fabio Gasparini è ritornata alla stazione dei carabinieri di Azzano Decimo per il verbale e le formalità di rito.

La giovane cantante è stata indagata per omicidio stradale. Telefonino e auto della ragazza sono stati sequestrati.

I carabinieri verificheranno, come da prassi, se sia stato utilizzato il cellulare. «A. non stava telefonando – ha precisato l’avvocato Fabio Gasparini –. Ci sono riscontri alla sua versione dei fatti: viaggiava con i finestrini aperti e ha una vera e propria fobia per i calabroni».

La salma è ora a disposizione dell’autorità giudiziaria, che potrebbe decidere di disporre un’autopsia. È probabile che sia effettuata una ricostruzione cinematica dell’incidente.

Il 51enne azzanese, operaio e da quattro anni senza impiego, lascia la moglie e due figli Mattia.

Il sindaco di Azzano Decimo Marco Putto ha sottolineato come l’impegno sociale di G. D’A. non sia mai mancato nonostante il periodo di disoccupazione.

«Esprimo cordoglio e vicinanza da parte dell’amministrazione comunale alla famiglia per la tragedia – ha dichiarato Putto–. Proprio pochi mesi fa con l’amministrazione comunale gli abbiamo fatto gli auguri di buon lavoro per la presidenza del coro, una realtà che si esibisce in tutta Italia.

In quell’occasione ho subito percepito il suo grandissimo entusiasmo e impegno per questa avventura. Era una persona seria, che prendeva a cuore quello che faceva. È una perdita importante per la comunità» (Dal Messaggero Veneto del 04.09.2018).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione: NON è possibile cumulare il risarcimento con l’indennizzo

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza n. 12565 del 22.05.2018) si sono espresse su un caso macroscopico risalente nel tempo ma dal potenziale notevole impatto sui sinistri di tutti i giorni.

Il quesito trattato era il seguente.

Nel risarcimento del danno da fatto illecito, dal calcolo del pregiudizio sofferto dalla Compagnia aerea proprietaria del velivolo abbattuto nel disastro aereo di Ustica deve essere detratto oppure no quanto la Compagnia abbia già percepito a titolo di indennizzo assicurativo per la perdita dell’aereo

Dal suddetto quesito si originano svariate problematiche.

Ad esempio: nella liquidazione del danno da parte di una Compagnia assicurativa deve tenersi conto del vantaggio che il leso abbia già percepito da altre fonti in conseguenza del fatto illecito (ossia delle somme percepite da assicuratori privati, assicuratori sociali, enti di previdenza o da terzi)?

Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno inteso chiarire che il danno non può essere fonte di arricchimento per il leso e, pertanto, si deve ritenere che tali diritti di credito non siano cumulabili ma siano concorrenti nella determinazione del quantum complessivo del pregiudizio poiché mirano alla realizzazione del medesimo interesse, ossia il risarcimento del danno che è considerato unico.

In altre parole, il danneggiato non può pretendere dal terzo responsabile e dall’assicuratore somme di denaro che superino nel totale i danni subiti.

Per questo, le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto: «Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto».

Per effetto di tale orientamento giurisprudenziale, ne consegue che un soggetto che abbia ricevuto un risarcimento a seguito di un sinistro stradale o di un infortunio sul lavoro dall’Assicurazione del Responsabile Civile (ad esempio RC Auto), potrà richiedere all’Assicurazione della polizza conto gli infortuni soltanto l’eventuale eccedenza tra l’importo già incassato a titolo di risarcimento e l’indennizzo dovuto in termini di polizza (se, al contrario, avesse ottenuto prima l’indennizzo dalla polizza infortuni, potrà ottenere dal responsabile civile solo l’eventuale eccedenza rispetto all’indennizzo stesso).

I rischi concreti sono almeno due:

  1. Un soggetto leso in un sinistro stradale (e che abbia pienamente ragione) non potrà ottenere il pieno risarcimento sia dall’Assicurazione di RC Auto sia dalla sua assicurazione personale di polizza infortuni;
  2. Un soggetto leso che abbia incassato sia l’indennizzo dalla polizza infortuni sia l’integrale risarcimento del danno dalla Compagnia del responsabile civile, potrebbe vedersi richiedere la restituzione di quanto versato in eccedenza dalla Compagnia che ha pagato per seconda.

Picchia, affama e rovina l’ex: processata. L’uomo, costituitosi parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini, ha ottenuto il sequestro conservativo dei beni per 150 mila euro.

Chiuso fuori di casa senza cibo in varie occasioni, picchiato ripetutamente con il bastone, spogliato progressivamente dei suoi averi: è il quadro ricostruito dalla Procura di Pordenone per i quattro anni di convivenza di una coppia della Destra Tagliamento, dal 2011 al gennaio 2015. Stavolta, però, nei panni della presunta vittima di maltrattamenti e circonvenzione d’incapace – questi i reati ipotizzati dagli inquirenti – c’è un uomo di 68 anni, affetto da un disturbo cognitivo maggiore di grado lieve-moderato. Nel registro degli indagati, invece, è stata iscritta la sua ex convivente, di 63 anni. La donna è accusata anche di circonvenzione d’incapace perché stando agli inquirenti avrebbe indotto con varie lusinghe il suo convivente, 68 anni, a compiere una serie di atti patrimoniali a lui sfavorevoli. Quanti soldi ci avrebbe rimesso? Al momento l’uomo, costituitosi parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini, ha ottenuto il sequestro conservativo dei beni (mobili, immobili e crediti) della sua ex convivente per 150 mila euro.Si tratta di un caso più unico che raro: solitamente infatti non vengono disposti simili provvedimenti. Nella sua ordinanza il gip Roberta Bolzoni precisa però che sussistono pacificamente sia «un quadro indiziario concreto e preciso circa la sussistenza delle condotte poste in essere dall’indagata» in merito alla circonvenzione d’incapace, sia il rischio concreto e attuale della dispersione delle garanzie patrimoniali del debitore, cosa che non consentirebbe, in caso di sentenza di condanna, di soddisfare il credito vantato dalla parte civile. L’ammontare definitivo della richiesta di risarcimento emergerà dall’istruttoria. Il gup Bolzoni, lo scorso novembre, ha difatti rinviato a giudizio la 63enne per circonvenzione d’incapace e maltrattamenti in famiglia. Il processo comincerà il 14 febbraio dinanzi al giudice monocratico Piera Binotto.Secondo la tesi accusatoria l’indagata avrebbe chiesto sin dall’inizio della convivenza, nel 2011, somme per effettuare diverse spese e lavori di ristrutturazione della casa e si sarebbe fatta rilasciare la delega a operare sul conto a lui intestato. Quindi, sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti, lo avrebbe indotto a vendere unità immobiliari per 125 mila euro e a versare 18 mila euro del ricavato su un deposito a risparmio nominativo sul conto cointestato sul quale, però, buona parte dei prelievi sarebbero stati fatti dalla donna. Tre mesi dopo il saldo del conto ammontava a 46 euro. La Procura ritiene che altri 100 mila euro, ricavati dalla vendita, siano stati versati su un certificato di deposito della durata di sei mesi, poi confluito sul conto cointestato dal quale sono stati prelevati, fino al 2015, circa 59 mila euro. (Dal Messaggero Veneto del 22.12.2017)