Mese: Aprile 2016

Parcheggiatore col manganello picchia un cliente: condannato

Colluttazione fuori dalla birreria, condannato a cinque mesi di reclusione (pena sospesa) il parcheggiatore per le ipotesi di reato di porto non autorizzato di manganello e per lesioni personali. Sono stati assolti per non aver commesso il fatto, invece, gli altri quattro imputati, una comitiva di amici. Tra questi C. G., assistito e difeso dall’avvocato Fabio Gasparini e dall’avvocato Marco Zaffino, il quale, oltre ad essere stato assolto dal reato a lui ascritto, ha ottenuto il risarcimento per i danni a subiti.

È la notte di Ognissanti del 2012, a Usago di Travesio. Scoppia un alterco fra due ragazze nel parcheggio della birreria Cooper’s nel giorno di Ognissanti. Il parcheggiatore, 43 anni, residente a Udine, interviene per placare gli animi.

Stando all’accusa, con sé ha un bastone estensibile in metallo. Nel tentativo di separare le due litiganti, tuttavia, inizia una colluttazione con una delle due. A quel punto accorrono anche la sorella della ragazza coinvolta nella colluttazione e un gruppo di amici.

Stando al capo di imputazione a loro volta avrebbero aggredito Di Fiore che, per difendersi, avrebbe estratto il manganello e colpito C. G., 23 anni, residente a San Daniele e S. M. i, 26enne di Zoppola.

Il giudice ha condannato il parcheggiatore al risarcimento delle lesioni subite da C. G. da liquidarsi in separata sede mentre ha emesso sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela per le lesioni subite da S. M.

Assolti per non aver commesso il fatto C, G, oltre a A. F. (34 anni di Spilimbergo), S. M. e la sorella S. M. (30 anni di Spilimbergo): erano accusati di aver colpito con calci e pugni il parcheggiatore, persistendo nella violenza anche quando era caduto a terra. (Dal Messaggero Veneto del 02.04.2016)

 

Danno futuro da perdita della capacità lavorativa del minore

Una bambina sviluppa una sordità completa a causa di una mancata diagnosi di meningite batterica. I genitori della minore agiscono in giudizio contro l’azienda ospedaliera lamentando sia un danno non patrimoniale iure proprio sia, in capo alla figlia, un danno futuro patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica. La perizia del c.t.u. riconosce un’invalidità del trenta per cento alla minore. I giudici di merito, in primo e in secondo grado, liquidano un risarcimento sostanzialmente contenuto quanto al danno non patrimoniale lamentato dai genitori, mentre negano il risarcimento del danno futuro.

Ricorrono allora per cassazione i genitori della bambina, lamentando la mancata applicazione da parte della Corte d’Appello del criterio che impone, in sede di valutazione del danno da perdita di capacità patrimoniale, di tener conto della percentuale di invalidità permanente medicalmente accertata. Inoltre – sottolineano i ricorrenti – il c.t.u. aveva riconosciuto l’esistenza dell’invalidità del trenta per cento quando la protesi era stata già impiantata sulla minore e, quindi, nonostante la correzione dell’handicap.

La Cassazione giudica fondato il ricorso: anzitutto rileva come l’impianto cocleare applicato fosse strutturalmente complesso e pertanto tale da risultare invasivo: il soggetto portatore di un simile impianto non può non percepirne l’invasività e – a causa di questa consapevolezza – si determinerà, anche in ambito lavorativo, in modo diverso rispetto ad una persona normoudente. Questa condizione è ancor più delicata quando, come nel caso di specie, il soggetto leso sia minore: tale circostanza deve esser apprezzata, secondo l’id quod plerumque accidit, come determinativa di una condizione della persona che certamente influenzerà la sua futura capacità lavorativa. A parere della S.C., è dunque assai probabile – se non addirittura sicuro – che la bambina, nel corso della sua vita, sarà portata a sentirsi diversa dai propri coetanei e che tale percezione inciderà sulle sue scelte future, anche lavorative. (Da Danno e Responsabilità Ipsoa . n. 2/2016)