Anno: 2015

Rinviato a giudizio per stalking, violenza furti e minacce

Aveva reso la vita impossibile, secondo il capo di imputazione, a un po’ di cittadini e a un paio di dipendenti del Comune, che si è costituito parte civile: per furto in concorso, stalking e violenza privata, L. C. C., 51 anni, di Aviano, è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Pordenone Roberta Bolzoni. Sono dodici le condotte contestate all’uomo, messe in atto tra estate e autunno 2009.

In concorso, si sarebbe appropriato di materiale ferroso «per assecondare il suo collezionismo maniacale», come contesta la procura, selezionato per il riciclo nella piattaforma del Comune: lavatrici, sedie in plastica, frigoriferi e pneumatici; persino una targa in ottone dello studio legale dell’avvocato P. C., a Pordenone.

Cinque gli episodi di atti persecutori. Per la mancata conclusione di un contratto di compravendita di un bene mobile, una famiglia è stata oggetto di telefonate mute nel corso della notte (sino a 15), con tentativo di investimento in auto, ingiurie e appostamenti davanti a casa, tanto che la stessa famiglia, vivendo un continuo stato d’ansia, aveva rinunciato alle vacanze.

Un’altra famiglia aveva acquistato un terreno al quale l’indagato era interessato: seguirono telefonate notturne mute e un appostamento davanti alla scuola frequentata dalla figlia minorenne della coppia. Ancora, a causa di contrasti per rapporti professionali, avrebbe preso di mira un’altra famiglia, minacciando di investire il capofamiglia, se lo avesse trovato in giro in bicicletta.

Gli immobili in costruzione di proprietà di una società avianese furono lordati con uova perché il titolare aveva acquistato un terreno edificabile al quale il cinquantunenne era interessato; anche in questo caso seguirono telefonate mute. Diffamando la società, avrebbe avvicinato alcune persone interessate alle aste per ostacolarne l’esito.

Due dipendenti comunali di Aviano, inoltre, furono minacciati «per ritorsione» in quanto il Comune aveva disposto alcuni lavori pubblici «a lui non graditi» in prossimità della sua abitazione. Nel mirino dell’indagato, assistito dall’avvocato Alessandro Magaraci, anche un minore – figlio di una coppia oggetto di atti persecutori, strattonandolo, avrebbe tentato di farlo salire nella sua auto – e un avianese al quale avrebbe fatto morire sette ciliegi, tre platani e un pino, irrorandoli di diserbante.

Sono nove le parti offese, tre, compreso il Comune di Aviano, si sono costituite parte civile con gli avvocati Daniel Polo Pardise e Fabio Gasparini.

Stralciata l’accusa di invasione di terreno (che avrebbe coltivato contro la volontà del proprietario), di competenza del giudice di pace, e due capi dichiarati prescritti: detenzione di un proiettile calibro 8 e porto ingiustificato di tre coltelli e tre paia di forbici. (Dal Messaggero Veneto del 12.03.2015)

Il Comune contro un imputato

Il Comune di Aviano si è costituito parte civile nel procedimento penale contro C.C.L, imputato di una serie di reati. Lo ha deciso la giunta Del Cont Bernard, la quale ha conferito l’incarico a un legale di Pordenone. L’esecutivo ha ritenuto «che il Comune di Aviano debba costituirsi in giudizio in quanto il comportamento criminoso dell’imputato lede il bene della sicurezza e della tranquillità della intera comunità». La vicenda prende le mosse nel 2009: C.C.L., 51 anni, era stato arrestato dopo alcune denunce presentate da avianesi. Secondo l’accusa, era chiamato a rispondere di una serie di reati, tra i quali furto, danneggiamenti, incendio, stalking, minacce e ingiurie. Sempre secondo l’accusa il 51enne avrebbe tenuto comportamenti tali da condizionare la serenità di intere famiglie e da ostacolare trattative economiche, sia private sia pubbliche. Non solo: i carabinieri avevano disposto il sequestro di tre abitazioni nelle disponibilità dell’uomo. Il legale aveva presentato istanza di scarcerazione, che era stata accolta. La giustizia ha fatto il suo corso. Nel procedimento penale l’amministrazione civica è considerata parte offesa e per questo si è costituita come parte civile, non solamente per avere un risarcimento di quanto subìto, ma anche per una questione morale. «La decisione di costituirsi parte civile – fanno sapere dal Comune – non è legata solamente ai danni subiti: si vuole anche dare un messaggio di vicinanza a tutti quei cittadini che hanno presentato denuncia. In questa fase delicata il Comune mette tutto il suo peso. È un dovere morale». In delibera la giunta riporta la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui «un soggetto può costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso». Non è la prima volta che il Comune si trova a decidere se costituirsi parte civile per reati contro il proprio patrimonio. L’incarico professionale è stato conferito dall’amministrazione avianese all’avvocato Fabio Gasparini del foro di Pordenone. (dal Messaggero Veneto del 21.02.2015)

Precari della scuola: arriva l’immissione in ruolo

La reiterazione dei contratti di supplenza oltre i 36 mesi, avvenuta prima del 13 maggio 2011, va sanzionata con la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Anche nella scuola. Prima di tale data, infatti, era ancora applicabile l’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 368/2001: la norma che dispone la stabilizzazione quando si superano i 36 mesi di supplenza.

Dopo il 13 maggio 2011, invece, con l’avvento del decreto legge 70/2011, la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, al superamento dei 36 mesi, è stata espressamente vietata. È questo il principio affermato dal giudice del lavoro di Napoli con una sentenza depositata il 21 gennaio scorso (r.g. 57536/11).

Con una pronuncia di ben 51 pagine, il giudice monocratico ha accolto il ricorso di una docente che aveva chiesto di essere immessa in ruolo per abuso di contratti a termine, derivante dal superamento del 36esimo mese di supplenza.

E ha condannato l’amministrazione a pagare 5500 euro di spese legali (+ Iva e cassa per gli avvocati) oltre che alla ricorrente, anche alle altre parti intervenute nel giudizio (in ordine di costituzione: Gilda-Unams, Flc Cgil e Cgil confederazione). In tutto, circa 28mila euro. La sentenza è la prima, in ordine di tempo, dopo la pronuncia della Corte di giustizia europea, con la quale è stata dichiarata illegittima la normativa che consente la reiterazione senza limite dei contratti di supplenza fino al 31 agosto. Ma il percorso argomentativo seguito dal giudice del lavoro di Napoli è autonomo e originale.

Secondo il giudice monocratico, infatti, ai fini del diritto alla stabilizzazione è irrilevante che il limite dei 36 mesi sia stato sforato con la successione di supplenze al 30 giugno (dunque su posti non vacanti). E soprattutto non sarebbe applicabile il criterio dei risarcimento del danno per equivalente (e cioè il risarcimento in denaro). Criterio fin qui adottato dalla prevalente giurisprudenza di merito, nella duplice accezione della corresponsione di un certo numero di mensilità oppure nel riconoscimento del diritto alla progressione di anzianità, arretrati compresi (cosiddetta ricostruzione di carriera).

La non applicabilità del risarcimento in denaro deriverebbe da una falla presente nella normativa. Che peraltro non indica nemmeno i criteri per definirne l’importo. Di qui la necessità della stabilizzazione quale unica sanzione applicabile. Inoltre, secondo il giudice del lavoro, la legge preclude la conversione del contratto. Ma non vieta la costituzione del rapporto a tempo indeterminato. In altre parole, la legge vieta solo la trasformazione del rapporto in essere (da supplenza a ruolo). Ma non la costituzione, ex novo, del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Di qui la percorribilità di tale ultima opzione. A nulla rilevando che la materia del reclutamento scolastico sia stata sottratta dal legislatore all’applicazione delle regole generali sul pubblico impiego. Perché «una cosa sono le procedure di reclutamento», si legge nella sentenza, «_altro la disciplina del contratto (dunque la disciplina del contratto a termine)».

Per argomentare la propria tesi il giudice monocratico ha citato, espressamente, diverse sentenze della Corte di cassazione. Che riguardano altri settori della pubblica amministrazione. (da Italia Oggi)